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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliParigi. Un omaggio alla femminilità e, perché no, al femminismo. La mostra «Women House» che si è appena aperta alla Monnaie de Paris e si tiene fino al 28 gennaio, espone i lavori di 39 artiste che con rabbia o ironia esprimono il loro modo di percepire lo spazio domestico. «Lo spunto è stata la mostra "Woman house" che Miriam Schapiro e Judy Chicago, cofondatrici del Feminist Art Program del California Institut of Arts, organizzarono nel 1972. Una delle installazioni d’arte femminista più importanti di sempre, spiega Lucia Pesapane, che ha curato la mostra insieme a Camille Morineau, direttrice delle collezioni dell’istituzione all’11 quai de Conti. Le artiste avevano all’epoca una visione molto politica della questione spazio domestico e ruolo della donna. Da allora ad oggi molte conquiste sono state fatte. La nostra mostra, "Women House", che abbiamo messo al plurale, vuole mostrare l’evoluzione e la diversità dei punti di vista delle artiste sullo spazio-casa e sui rapporti tra domesticità e corpo della donna. Le problematiche sono cambiate ma questo resta un tema centrale nella loro riflessione».
Per le artiste degli anni Settanta la casa è prigione e gabbia. Birgit Jürgenssen si fotografa con le mani e il viso premuti contro un vetro e la scritta «Ich möchte hier raus!», «Fatemi uscire da qui!». Lydia Schouten, vestita con una calzamaglia bianca, si filma mentre si muove chiusa dentro lo spazio stretto di una gabbia come un animale. Casa e donna sono una cosa sola, l’una la continuità dell’altra, nelle foto dell’americana Francesca Woodman. In una, il corpo della donna contro il muro si veste con la carta da parati strappata. Lo scriveva Virginia Woolf nel 1929: «Le donne sono rimaste talmente sedute nelle loro case per milioni di anni che i muri stessi si sono impregnati della loro forza creatrice».
Oggi la casa per le donne artiste «liberate» è diventata rifugio, luogo di creazione. Nei lavori di alcune artiste contemporanee la percezione dello spazio domestico si lega a tematiche di grande attualità. Come nelle foto di Zanele Muholi sulla comunità lesbica in Sudafrica. Per le donne che si amano, e alle quali è vietato mostrarsi insieme in pubblico, la casa è il solo spazio dove poter esprimere liberamente la propria intimità. Nei lavori sulla mobile-home di Andrea Zittel si riflette la questione delle attuali migrazioni. Nell’ultima sala è esposto il ragno gigante, «Spider», di Louise Bourgeois, immagine della donna-madre protettrice, col ventre carico di uova visto come un riparo. Il percorso però continua all’esterno, nei cortili appena restaurati del palazzo sulla Senna, ex Zecca dello Stato, dove, dopo sei anni di lavori, è stato di recente aperto il museo. Nei cortili sono allestite la monumentale Nanà-casa di Niki di Saint Phalle e «La Teiera» di Joana Vasconcelos, in cui il visitatore può entrare, sedersi, chiudere gli occhi e sognare. E «Hair Saloon» in tessuto e gusci di uova, su cui si può camminare, della cinese Shen Yuan. Tutte opere che sono grida di denuncia e, al tempo stesso, splendidi momenti di poesia.
Dopo Parigi la mostra volerà a Washington, dove a partire dall'8 marzo sarà allestita al National Museum of Women in the Arts.

Cindy Sherman Untitled Film Still #35 Courtesy of the artist and Metro Pictures, New York

Birgit Jurgenssen, «Hausfrauen - Küchenschürze» (Housewives’ Kitchen) © Estate Birgit Jürgenssen Bildrecht, Vienna Courtesy of Galerie Hubert Winter, Vienna

Helena Almeida, «Estudo para dois espaços», 1977. The SAMMLUNG VERBUND Collection, Vienna

Valie Export, «Die Geburtenmadonna» (The birth Madonna), 1976. © Luana De Micco

Niki de Saint Phalle, «Nana Maison II», 1966-87. © Luana De Micco

Louise Bourgeois, «Spider», 1995, © Luana De Micco

Lidia Schouten,«Kooi» (Cage), 1978-2016 © Luana De Micco

Laurie Simmons, «Walking House», 1989 Courtesy of the artist and Salon 94, New York

Joana Vasconcelos, «The Teapot», 2010. © Luana De Micco
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