Francesco Tiradritti
Leggi i suoi articoliSecondo una leggenda la cui prima menzione si trova nella redazione del XIII secolo del Lebor Gabála Érenn (Il libro della presa dell’Irlanda) all’origine dello Stato irlandese vi è la regina Scota, madre o sposa di Goídel Glas, creatore delle lingue goideliche e fondatore eponimo delle genti gaeliche. La cronaca afferma che Scota era figlia del sovrano d’Egitto Cingris e aveva sposato lo scita Niul (in altre versioni ha origini greche). La principessa sarebbe poi fuggita dall’Egitto e avrebbe raggiunto l’Irlanda.
All’inizio del XIV secolo l’avvocato Baldred Bisset (ca 1260-1311?) rielaborò il mito, trasformando Scota nella progenitrice degli scozzesi allo scopo di affermare la loro legittimità al trono di quella che sarebbe diventata in seguito la Gran Bretagna. Secondo la versione di Bisset, la principessa avrebbe portato dalla sua terra d’origine il pezzo di roccia utilizzato dal patriarca biblico Giacobbe come cuscino che, con il nome di Pietra del Destino, sarebbe servito da seduta per il trono dei re di Scozia.
Il leggendario manufatto è anche noto come «Pietra di Scone», nome derivatogli dal convento dov’era conservato e da dove fu prelevato come bottino di guerra da Edoardo I d’Inghilterra (1239-1307). Fu questo sovrano a portarla nell’Abbazia di Westminster dove è rimasta fino al 1996, anno in cui è stata restituita alla Scozia, dopo essere servita per oltre sei secoli come seduta del trono in legno per l’incoronazione dei re di Gran Bretagna.
Secondo l’accordo stipulato in quell’occasione, la Pietra del Destino ha lasciato il Castello di Edimburgo dove è attualmente conservata lo scorso 27 aprile e, dopo due giorni, è tornata a Westminster per l’odierna incoronazione di Carlo III.
Analisi geologiche hanno dimostrato che la Pietra del Destino non è altro che arenaria rossa antica (di dimensioni 66x42x26,7 cm) proveniente da una cava non troppo distante dall’Abbazia di Scone. Secondo la cosiddetta «Westminster Stone theory» questa sarebbe però soltanto la copia realizzata dai monaci del convento per impedire a Edoardo I di entrare in possesso dell’originale. La vera Pietra del Destino sarebbe stata invece occultata nel fiume Tay o nella Collina di Dunsinane, famosa per essere legata al Macbeth shakespeariano.
Se davvero la Pietra del Destino sulla quale si è seduto Carlo III non è il manufatto originale, si fa strada un’interessante ipotesi corroborata da ritrovamenti simili in altre parti di Europa. In antico, prima di salpare, le navi usavano imbarcare pesanti pietre che utilizzavano poi come ancore nei porti di approdo successivi. Tenendo conto di questa pratica, della venatura egizio-orientale delle leggende e della forma e delle dimensioni dell’attuale manufatto, verrebbe da pensare che la Pietra del Destino altro non fosse che la base di una qualche statua egizia imbarcata da qualche nave annonaria romana e poi abbandonata in un qualche porto della Scozia.
Si tratta di una conclusione basata più su leggende che fatti reali, ma è interessante costatare come il mito dell’antico Egitto abbia suscitato una profonda fascinazione anche in popolazioni così distanti.

Il trasporto della Pietra del destino

La Pietra del Destino o Pietra di Scone
Altri articoli dell'autore
Nello Spazio Scoperte della Galleria Sabauda la storia e il mito della celebre regina d’Egitto attraverso i secoli, dall’antichità ai giorni nostri
Nel 1962 il Governo egiziano donò la struttura all’Italia per il contributo nel salvataggio dei monumenti nubiani. Due anni dopo iniziarono i lavori di smontaggio, diretti da Silvio Curto, per trasferirla nel capoluogo piemontese
I 200 anni del Museo Egizio • Come la strada per Menfi deviò per Torino. 4. Un Museo per la Capitale
In quattro puntate l’egittologo Francesco Tiradritti racconta com’è nato lo stretto legame tra la città sabauda e la terra dei faraoni che portò alla nascita del Museo Egizio
Sulla base di un’obsoleta divisione delle etnie in continenti, il museo newyorkese affronta il tema del rapporto tra artisti neri e antico Egitto con un approccio sorprendentemente colonialistico