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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliLa vanità dei beni materiali, la brevità della vita e la certezza della morte sono il fil rouge delle quattro mostre proposte dal Museo Ettore Fico fino al 28 febbraio.
Sviluppatosi in Olanda nel primo Seicento e poi diffusosi nel resto d’Europa, il genere pittorico delle vanitas è al centro del percorso «Il silenzio delle cose», che analizza le varie declinazioni sul tema con dipinti del XVII e XVIII secolo provenienti da collezioni italiane. Si va dalla raffigurazione di oggetti simbolici come teschi, clessidre, candele e carte da gioco alle nature morte con fiori e frutti appassiti, ad allegorie della vita umana.
Opere di Francesco Solimena, Giuseppe Recco e Bartolomeo Bettera figurano accanto a tele barocche, tra gli altri, di Guido Cagnacci, Jusepe de Ribera, Gioacchino Assereto e Francesco Furini o ai ritratti drammaticamente realistici di uomini anziani dipinti da Pietro Bellotti e Antonio Cifrondi.
Sono colti invece nel momento di massimo splendore i corpi nudi degli atleti immortalati in bianco e nero dal francese Fred Goudon. Le venti fotografie esposte sono state realizzate nel 2015 per il calendario (del 2016) e il libro Dieux du Stade. I corpi statuari di Yann David, dei fratelli Bergamasco, di Luka e Nikola Karabatic e di altri emergono dall’acqua in atmosfere fugaci pur se prive di riferimenti spaziali e temporali.
Ad analizzare l’oscuro passaggio tra la vita e la morte sono anche le 50 opere della collezione di Renato Alpegiani, avviata nei primi anni Ottanta. Tra i lavori una lastra in metallo su cui Akio ha inciso il profilo di due orecchie simulando la percezione del vuoto, l’installazione «Tutti giù per terra» di Lara Favaretto che crea vortici di coriandoli e borotalco per evocare un limbo, il dipinto «Dusk» di Karen Kilimnik, nel quale semplici candelieri tentano di illuminare il cielo notturno, e ancora opere di Stefano Arienti, Jimmie Durham, Gabriel Kuri, Jonathan Monk, Paolo Piscitelli, Carol Rama, Tomás Saraceno, Santiago Sierra, Danh Vo e altri.
L’oscuro funzionamento dell’universo, il suo inizio e la sua fine, è invece indagato da Luca Pozzi con tre opere inedite tra cui «Wilson Tour Majestic», un grande telo in pvc prodotto con il Cern di Ginevra, raffigurante il rivelatore di particelle Large Hadron Collider, cui si deve la scoperta del bosone di Higgs che dà massa e sostanza a tutte le cose. Da segnalare infine la performance di Ruben Montini e Alexander Ponhert il 7 novembre alle ore 12,30. La coppia di artisti si stringerà in un abbraccio finché uno dei due cederà.
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