Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliRoma. La «tragedia della sepoltura», come la definì il suo coetaneo biografo Ascanio Condivi, oggi ha un esito felicissimo: la celebre Tomba di Giulio II di Michelangelo a San Pietro in Vincoli è tornata a risplendere nuovamente pulita dal suo grande restauratore di quindici anni fa, Antonio Forcellino, e con un’illuminazione che ricrea quella primitiva e perduta firmata da Mario Nanni, una «star» tra i light designer. Il monumento, sottolinea il soprintendente Francesco Prosperetti, invera ciò che tutti predicano e prescrivono, ma che quasi nessuno fa mai: un’attenta, costante, continua manutenzione e cura.
Dopo il notissimo mirabile lavoro affidato alle mani esperte di Forcellino, sponsorizzato da Lottomatica e conclusosi nel 2001, l’attuale intervento parte in sordina come una semplice esigenza di spolveratura di un monumento visitato da milioni di persone l’anno. La pulitura, iniziata nel luglio 2016 e accompagnata da una serie di nuovi studi, ha fornito risultati inaspettati. Si sapeva che Michelangelo, come per il David, era solito dare l’ultima finitura a collocazione definitiva. Per il Mosè e le altre sculture autografe della tomba di Giulio II la riflessione della luce sul marmo scolpito raggiunse un livello di raffinatezza sbalorditivo. Alcune parti furono levigate dal maestro con fogli di piombo e ossalati (spesso urina di bambini) per ottenere una specchiatura perfetta, altre invece trattate solamente a pomice e sabbia abrasiva, con risultati molto più opachi. Ciò che ne emerge, supportato anche dalle fonti scritte (in una lettera a un amico scartava l’ipotesi di allestire la tomba in Santa Maria del Popolo perché non c’era «lume a proposito»), è la consapevolezza che la luce per Michelangelo fosse l’elemento essenziale attorno al quale costruire il monumento.
«È uno dei giorni più belli della mia vita, confessa Forcellino. Con il mio maestro Christoph Frommel, che è qui, vediamo coronato un sogno, dopo vent’anni di studi sul monumento». La nuova illuminazione ricrea quella originaria, che fece scegliere a Michelangelo quella chiesa e determinò costruzione e figure di quel grandioso progetto ideato nel 1505, ridisegnato più volte e infine realizzato quarant’anni dopo. Oggi la luce a led di Nanni, che costa un quarto della precedente, ricrea le altre due fonti luminose presenti allora e oggi non più: la finestra di destra, simmetrica all’unica esistente che è stata ingrandita, murata nel 1870 per la costruzione della Facoltà di Ingegneria; la grande lunetta in alto alle spalle della tomba, oggi riaperta come volle Michelangelo, che dava sul Coro dei frati inondato di luce. In entrambi i casi il nuovo sistema simula la luce del sole nell’arco delle 24 ore, variando gradualmente. Perché la consistenza luminosa, il battere della luce sulle superfici marmoree più o meno levigate, la tridimensionalità del monumento, le ombre e il gioco pittorico sono parte sostanziale di un’opera che solo oggi può dirsi pienamente ritrovata. Basti pensare anche solo alla grande valenza simbolica del volgere della testa di Mosè alla luce del sole.
Ultima eccezionale scoperta, quella della finora unica fonte iconografica per una scultura del maestro: la Vita attiva, a destra del Mosè, riprende una Maddalena di Polidoro da Caravaggio in San Silvestro al Quirinale, guarda caso la chiesa dove si riunivano gli Spirituali, i riformatori capeggiati dal cardinale inglese Reginald Pole, guidati da Vittoria Colonna.

Mosè, Mausoleo di Giulio II. Foto: Andrea Jemolo

Mausoleo di Giulio II. Foto: Andrea Jemolo

Mausoleo di Giulio II. Foto: Andrea Jemolo

Mausoleo di Giulio II. Foto: Andrea Jemolo

Mausoleo di Giulio II. Foto: Andrea Jemolo

Mausoleo di Giulio II. Foto: Andrea Jemolo

Mausoleo di Giulio II. Foto: Andrea Jemolo

Mausoleo di Giulio II. Foto: Andrea Jemolo

Mausoleo di Giulio II. Foto: Andrea Jemolo
Altri articoli dell'autore
Tra Foro Romano e Palatino sono stati ritrovati i resti di una lussuosa dimora con una sala per banchetti a forma di grotta e uno straordinario mosaico impreziosito con conchiglie, vetri e tessere blu egizio
Si inizia con l’enigmatico scultore ateniese. Altre due monografiche saranno dedicate a Prassitele e a Skopas
Stéphane Verger nel chiostro di Michelangelo ha fatto eseguire interventi su sette teste di animali antiche (quattro di età adrianea e tre rinascimentali) e ne ha commissionata un’ottava a Elisabetta Benassi
Lo scavo condotto dalla Soprintendenza speciale di Roma ha riportato alla luce strutture in laterizio e un sontuoso apparato decorativo riconducibili a una committenza di altissimo rango, quasi sicuramente imperiale