Non tutti ricordano come il grande collezionismo di maiolica rinascimentale abbia, in passato, a lungo privilegiato anche le produzioni precedenti allo sviluppo dell’istoriato: ma in tempi più recenti i grandi successi, anche mercantili, della maiolica pienamente cinquecentesca hanno fatto spesso dimenticare il grande fascino e la grande armonia formale delle ceramiche realizzate in Italia tra il finire del XIV secolo e gli albori del XVI. Certo non sono mancate le eccezioni, ma è evidente che per molti, se non per tutti, l’età dell’oro per la maiolica resta quella dell’istoriato.
 
A riequilibrare i conti arriva ora la mostra («Maiolica before Raphael», nella galleria di Sam Fogg, fino al 16 giugno) dedicata alla ceramica italiana tra la fine del Medioevo e il ’400, con i grandi risultati ottenuti dagli artefici di quell’epoca. Di questo momento glorioso per l’arte fittile del nostro paese si esaminano non solo gli aspetti artistici o meramente tecnici, ma anche i mille legami fra la committenza, sia pubblica che privata, e la cultura dell’epoca. Montelupo, Deruta, Faenza, Firenze sono i nomi che si susseguono nelle pagine del grande, anche dal punto di vista fisico, catalogo, dotato di un ricco apparato iconografico e curato da Elisa P. Sani, Matthew Reeves e Justin Raccanello.


Il 5 maggio si è tenuto un simposio dedicato all’argomento, che ha riunito alcuni dei nomi più influenti negli studi sulla maiolica rinascimentale (e basterà citare, tra i molti, Carmen Ravanelli Guidotti e Timothy Wilson). A promuovere l’iniziativa è stata la galleria antiquaria i cui locali ospitano la mostra: ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto possa essere feconda la collaborazione tra mercato e studi, se condotta su basi solide e corrette.