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Redazione GDA
Leggi i suoi articoli«Io conduco normalmente una vita piuttosto ritirata. La mia stessa pratica si fonda su principi legati alla riflessione e alla contemplazione, ai tempi lenti. Quindi, da questo punto di vista, la situazione attuale non sarebbe causa di un così grande mutamento di ritmi quotidiani. Quel che cambia però è che tale condizione sia imposta dalla gravità di questo evento biblico.
Oggi ho riletto lo scritto del medico Giuseppe Leonelli di marzo 2005.
Ne allego un frammento.
“Il mondo è profondo, più di quanto pensò il giorno.
La luce è un episodio marginale, una fiammella accesa nella notte dell’universo; in essa l’universo, replicando sé stesso, muore, muore nella bellezza sfolgorante.
È nello specchio buio della terra che il sole si rivela padre/madre degli elementi, delle ‘chiare, fresche, dolci acque’, dell’amorevole gioco con cui piante, animali, uomini intessono vesti e colori e suoni, con l’unico filo della cellula, eterna catenella, della goccia.
E morirebbe davvero l’universo, il sole, se a raccogliere questa bellezza non fosse l’anima umana, così simile alla notte, invisibile, immateriale, insondabile, infinita.
Muore tuffandosi in quella piccola notte racchiusa nel cuore di ogni uomo, nel suo mistero; rivolgendovisi come in un vortice, dove, invece di mescolarsi aria e acqua, si uniscono e separano calore e spirito; singolare cavità, luogo del mondo per un succo peculiare.
Come il sangue, fermatosi per qualche millesimo di secondo, torna a scorrere via, vero fiume in cui l’ultima acqua ‘che andò è la prima che venne’, così il cuore stesso si forma per dissolversi. Il mistero della sua singolarità si rinnova in miliardi di esseri, tutti in corsa - ritmata staffetta- verso il proprio dissolvimento.
Come fiori che si aprono, molti, nell’appassire di quelli da cui son nati…”».
a cura di Laura Lombardi
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