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Carlotta Venegoni
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Universalmente nota, Frida Kahlo è oggi omaggiata non solo in ambito artistico. Il suo volto compare su calamite, tazze, souvenir, magliette e calendari. Gli Stati Uniti le hanno dedicato un francobollo e il Governo messicano una banconota. Una «santa laica» che, attraverso la sua opera e la sua personalità, continua ad affascinare. È icona simbolo dei diritti delle donne, dei disabili e del diverso in generale. Questo interesse è dovuto all’arte o alla donna? Entrambe sono intrinsecamente legate, come analizza l’ultima biografia dedicata alla Kahlo.
Frida è dotata di un innato talento e raffinata sensibilità che le consentono di esprimere la «feroce realtà del suo dolore» e la visione politica maturata dal rapporto con Diego Rivera. Eppure è sorprendentemente moderna e universale. Precoce verso le rivendicazioni femministe, attraverso le sue opere, visionarie e surreali, analizza temi più ampi, come la fertilità, la mescolanza razziale, il ciclo vitale e il nazionalismo.
Colpita in età infantile dalla poliomielite, è vittima a diciotto anni di un incidente stradale che la costringerà a dolorosi interventi chirurgici e all’impossibilità di portare a termine una gravidanza. Conosce e si innamora di Diego Rivera. È colpita dalla sua espressione artistica, dalle idee politiche di indirizzo comunista e dalla forte personalità. Da questo legame si sviluppano i temi che plasmeranno la vita della Kahlo: la pittura, la politica e l’esistenza.
Fin da ragazza si pone inflessibile, fiera e determinata davanti all’obiettivo della macchina fotografica del padre; fa della sua emancipazione uno stile di vita. Promuove la propria personalità scegliendo acconciature e abiti legati alla cultura tehuana. Ne deriva un personale linguaggio espressivo: manifesto della Mexicanidad, rivendicazione delle sue radici indigene, in risposta a una storia di depauperamento culturale e identitario. Il suo messaggio viene colto e tradotto in moda da grandi stilisti che elevano Frida a icona di stile.
L’attitudine orgogliosa delle sue origini e le sue imperfezioni fisiche, come il sopracciglio pesante dei suoi autoritratti, la rendono nell’immaginario collettivo una figura mitologica, a metà strada tra una divinità precolombiana e una rivoluzionaria politica.
Suzanne Barbezat ripercorre la complessa relazione con Rivera, che trascende i reciproci tradimenti e agisce talvolta da freno alla sua emancipazione. Diego la coinvolge nel mondo artistico, la porta con sé in tutti i suoi viaggi tra New York, San Francisco e Detroit, ma la pittura di Frida, benché molto ammirata dal marito, è confinata alla sua stanza di albergo, al suo intimo desiderio di raffigurare i suoi pensieri. È André Breton, in visita in Messico, che vede il potenziale della Kahlo. Le prime mostre delle sue opere, le vendite che ne conseguono e la stima di Duchamp, Miró, Kandinskij, dimostrano a Frida che la sua arte può mutare, da passatempo e sfogo, a fonte di guadagno.
Benché letta come surrealista, Frida non vuole rientrare in un gruppo o movimento. La sua forma espressiva, anticonvenzionale e il «suo immaginario fuori dagli schemi, scioccavano il pubblico, provocandolo». Continua a esplorare temi difficili senza cambiare stile o soggetto per rendere più commerciali le sue opere. La Barbezat legge nei suoi dipinti simboli appartenenti all’iconografia cattolica e alle antiche culture mesoamericane, espressi come ex-voto o sotto forma di rebus.
I capitoli del libro ripercorrono i momenti della vita di Frida e Diego attraverso i luoghi in cui vissero: Città del Messico, San Angel, gli Stati Uniti e soprattutto la «Casa Blu» di Coyoacán, con la ricca collezione di arte popolare e preispanica, sculture precolombiane e dipinti di epoca coloniale. Il volume, corredato da inconsuete fotografie, dalle immagini delle opere di Frida e Diego e dai documenti consultati dall’autrice, fa emergere un ritratto sfaccettato di una delle figure più singolari e originali del Novecento.
Frida Kahlo
di Suzanne Barbezat
176 pp., ill. col. e b.n.
Electa, Milano 2017
€ 29,90
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