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Luca Nannipieri

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Luca Nannipieri

Nannipieri e il relativismo dei classici dell’arte

Un libro per chi non ha il cervello pigro, che riflette sulla permanenza del segno umano

Carlotta Venegoni

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Dal 24 maggio, sarà in libreria il nuovo lavoro di Luca Nannipieri dal titolo Che cosa sono i classici, un libro che vuole definire il principio dell’impermanenza e del relativismo dei classici.

Nannipieri riflette in questo suo lavoro sulla permanenza del segno umano. Nel suo volume vengono esplorati i vari campi dell’espressione artistica e, in particolare, sono indagate proprio quelle opere oggi comunemente considerate classici, imprescindibili e intramontabili. L’uomo ha tentato da sempre di produrre manufatti eterni. Ma è davvero riuscito a concepire e creare opere sulle quali il tempo non eserciti il suo dominio? E al di là della durevolezza materica, può esistere un manufatto capace di sopravvivere a quel tempo, ancora più crudele e spietato, segnato dalla moda, dalla cultura, dall’ideologia? Quel tempo potrebbe (ri)portare all’oblio quanto oggi è icona, sconvolgere completamente i nostri canoni, facendoci dimenticare, ad esempio, della «Venere di Milo», di Giotto o del Colosseo? Abbiamo intervistato l’autore per porgergli alcune domande.

Ci sono davvero opere immortali?
Si pensa che i classici siano opere immortali, ma se guardiamo la storia delle civiltà, ciò che constatiamo è che la caratteristica più inesorabile delle opere umane è proprio la loro mortalità. Milioni di individui a vedere la «Venere di Milo» al Louvre, giudicandola immortale, ma, per secoli, è stata sottoterra, sepolta, ignorata. Anche se le librerie hanno scaffali fissi dedicati ai classici, anche se i musei cristallizzano opere per la posterità, un'opera diventa classica e può smettere di essere classica. L’immortalità e l’universalità sono due grandi equivoci.

È il tempo o più l’uomo a distruggerle?
Non esiste il tempo senza l’uomo. Ci sono distruzioni che sono nascite. I grandi Buddha di Bamiyan in Afghanistan sono diventati conosciuti con la loro distruzione, fatta dai Talebani nel 2001. La fine della loro forma ha generato la moltiplicazione della loro conoscenza. Sono diventati classici quando sono spariti e possono smettere di essere classici, qualora venissero ricostruiti. I quadri di Gustav Klimt per l’Università di Vienna furono distrutti ma ora, grazie alla mitizzazione del nome e alle alte tecnologie, possono rinascere.

Quello che oggi noi consideriamo imprescindibile e classico potrà cambiare nel corso dei secoli a venire?
Certo, cambia sempre! Anche le pietre miliari considerate più irrinunciabili, penso a Michelangelo, Dante, Shakespeare, possono divenire inessenziali, conoscere la polvere dell’oblio e poi tornare nuovamente in luce e poi di nuovo attraversare secoli di indifferenza.

Chi lo decide?
Prendiamo il caso della minigonna. Negli anni Sessanta, divenne un simbolo di libertà e di emancipazione: prima fu bandito, poi accettato. Nei decenni successivi non fu più un segno di lotta, ma un normale abbigliamento della donna. Ora, in certa parte del mondo, è un classico quotidiano. Ma lo sarà per sempre? No. Nel tempo può diventare un simbolo retrogrado, tradizionalista. Un libro è dedicato alla minigonna e ai «famosi» tacchi rossi.  

Fino a quando l’opera rimane classica?
È la complessa composizione di desideri individuali, collettivi, volontà, pressioni, tradizioni, inerzie, contaminazioni, giacenze, educazioni, a determinare canoni, strade, e dunque la persistenza o la varianza di certe opere, chiamate classiche, rispetto ad altre. I classici sono temporanei e questa temporaneità è l’inizio del nostro sentirci vivi, perché noi possiamo determinare ciò che amiamo, lottare per esso, non solo ereditarlo come indubitabile dal passato. La «Gioconda» non rimarrà la «Gioconda» a prescindere dai secoli e da chi la guarderà. Il suo valore non è permanente, non è indipendente dai tempi, dalle geografie, dai popoli che interagiranno col suo essere in luce e forse domani in ombra.

Miti e ideali possono diventare dei classici?
Tutto può diventare classico e cessare di esserlo. Ad esempio, se le forze dominanti in Europa diverranno quelle cinesi, non pensiamo che rimangano indenni i «nostri» classici. Cosa se ne fa la Cina delle Madonne di Giotto e Cimabue?

A chi è rivolto il suo volume?
A tutti coloro che non hanno un cervello pigro.

 

 

Che cosa sono i classici
di Luca Nannipieri, 134 pp., Skira, Milano 2024, € 20

La copertina del volume

Carlotta Venegoni, 22 maggio 2024 | © Riproduzione riservata

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