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Mariella Rossi
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Palazzo Attems Petzenstein a Gorizia rende omaggio a Zoran Music, artista scelto come simbolo della capitale europea della cultura. «Music nacque nel 1909, quando ancora c’era l’impero austroungarico, spiega Raffaella Sgubin, direttrice del Servizio ricerca, musei e archivi storici di Erpac. Viaggiò moltissimo, in territori che adesso corrispondono alla Slovenia, alla Croazia, all’Austria. Si diploma all’Accademia di Belle arti di Zagabria e completa la sua formazione in Spagna, poi trascorre tra Venezia e Parigi la sua lunga vita, conclusasi quando era ormai ultra novantenne nel 2005. Ecco perché possiamo parlare di un artista veramente europeo, senza confini».
La mostra, che ha aperto i battenti lo scorso 25 maggio, offre l’occasione per ammirare la «Stanza di Zurigo», trasportata per l’occasione. Un’opera cruciale nella sua produzione, in cui l’artista si confronta con le tematiche della memoria personale e collettiva e con una ricerca di spiritualità, un ambiente intimo e simbolico che invita alla riflessione. «Venne realizzata tra la fine degli anni ’40 e l’inizio dei ’50, su commissione delle sorelle di nazionalità svizzera Charlotte e Nelly Dornacher che, affascinate dai decori dello studio veneziano di Zoran, chiesero all’artista di riprodurli nella cantina della loro villa a Zollikon, sulle colline di Zurigo, per trasformarla in un locale accogliente di ritrovo tra amici. I luoghi di Venezia, i cavallini, i barconi carichi di bestiame, le donne dalle gonne multicolori e gli ampi parasole si intrecciano da un lato con i nudini, il ritratto dell’amatissima moglie Ida e delle committenti, e dall’altro con le vedute di una Venezia trasognata», spiegano dal museo.
L’ultima grande mostra dedicata a Music da questo museo risale a oltre vent’anni fa, a cavallo tra il 2003 e il 2004, quando ci fu l’ultima inaugurazione a cui l’artista ebbe modo di partecipare. Il taglio di questa nuova mostra è completamente diverso perché il fulcro è costituito dalla stanza che l’artista ha decorato per le due sorelle svizzere proprietarie della villa affacciata sul lago di Zurigo. Lo spazio di cui gli hanno commissionato la decorazione sarebbe stato destinato all’incontro, a ricevere gli amici, a dialogare. Avevano visto lo studio veneziano dell’artista ed erano rimaste profondamente colpite, tanto da concordare l’apparato decorativo composto da cavallini dalmati, paesaggi della Dalmazia e vedute di Venezia, una «palette» di motivi caratteristici dell’opera di Music. Quando questa stanza è stata in pericolo di demolizione e di una ristrutturazione che ne avrebbe cancellato l’identità, un gruppo di restauratori coordinati da Paolo Cadorin ha staccato gli intonaci dalle pareti per trasferirli su pannelli in alluminio, salvando le decorazioni e rendendole mobili. «Amico e poi cognato di Music, spiega Sgubin, nonché grande esperto dell’arte della conservazione, Cadorin applicò le sue conoscenze nella prospettiva di un recupero che consentisse di godere dell’opera fuori dalla realtà per cui era stata concepita».
Oltre a queste magistrali esecuzioni e al fascino del destino che le accompagna, in mostra troviamo un centinaio di opere che ripercorrono la produzione dell’artista dagli anni ’30 al 2000, dagli esordi a Zagabria al viaggio in Spagna, da Venezia a Dachau. Quasi tutte le opere provengono dall’archivio dell’artista e l’immersione totale nel suo mondo è favorita dalla presenza di oggetti da lui plasmati, ricordi di famiglia e personali. La sua produzione riflette un percorso artistico complesso, segnato da eventi storici drammatici e da una costante tensione tra memoria e rappresentazione. Nato in Slovenia, Music visse le turbolenze del Novecento, tra le due guerre mondiali, l’occupazione nazista e il trauma dell’esperienza nei campi di concentramento. Al suo primitivismo schematico e ai temi del paesaggio brullo e scabro, delle contadine con i grandi parasole, dei cavallini dalmati, il pittore rimarrà sempre legato. «Dipingo per me, perché lo devo fare. Per me è un po’ come respirare. Se mi vietassero di dipingere mi toglierebbero l’aria… Per me la pittura deve essere un’emozione, deve avere cioè alla sua origine una specie di choc. Si tratta di un fatto fisico che vorrei si trasformasse in apparizione. La realtà si trasfigura o, almeno, cerco di trasfigurarla in fatto poetico. Ma come si fa a spiegare? Un quadro è qualcosa che non si sa come nasca: viene fuori dal di dentro come un momento irripetibile», affermava Zoran Music.
L’esposizione, curata da Daniela Ferretti, si inserisce nel palinsesto di eventi di GO! 2025, Nova Gorica-Gorizia Capitale europea della Cultura 2025, ed è organizzata dall’Erpac-Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con Promoturismo FVG.

Zoran Music nella Stanza di Zurigo, 1950. Foto: Collezione Paola Cadorin