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Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliRoma. Il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (Tpc) quest’anno festeggia i suoi 50 anni con una mostra di capolavori recuperati, dal 3 maggio al Quirinale. Nato un anno prima della Convenzione Unesco di Parigi del 1970, che avrebbe raccomandato a tutti i Paesi di adottare misure e istituire servizi di contrasto all’acquisizione di beni esportati illecitamente e per il recupero di quelli trafugati, conta su una struttura ramificata in 15 nuclei regionali e una sezione per la Sicilia orientale, una banca dati straordinaria (oltre 1,2 milioni di oggetti rubati e quasi 700mila immagini), professionalità di prim’ordine e missioni di cooperazione in tutto il mondo. Sono oltre 800mila gli oggetti rientrati. Dal 2016 è guidato dal generale Fabrizio Parrulli, già comandante della Task Force Carabinieri in Iraq.
Generale Parrulli, come si diventa Carabinieri Tpc?
Per prima cosa bisogna essere bravi detective, quindi persone con una lunga esperienza nei reparti che svolgono attività di controllo del territorio e investigativa. Poi di solito c’è una propensione particolare, molti carabinieri hanno alle spalle studi nel settore: ci sono archeologi, storici dell’arte, architetti, perfino un musicologo, esperti nei campi della catalogazione e della ricerca informatica, capaci di svolgere verifiche giornaliere ad esempio sull’e-commerce, oggi uno dei canali più utilizzati per immettere sul mercato oggetti di provenienza illecita.
Chi può fare richiesta di venire da voi?
Circa una volta l’anno un’interpellanza consente al personale dell’Arma dei Carabinieri di entrare da noi, a seconda dei posti che si rendono vacanti. Chi vuole partecipa a una selezione interna fatta prima in base ai titoli, poi con una prova d’esame. Se la si supera si è ammessi a un corso di specializzazione, condotto insieme al Mibac, e solo dopo si ottiene la qualifica per far parte dei Carabinieri Tpc.
In quali Paesi siete presenti?
In molti con attività di addestramento, consulenza e assistenza alle forze di polizia locali. In Iraq a Baghdad e a Erbil, nel Corno d’Africa, nella base interforze di Gibuti, per la Polizia gibutina e somala. In Palestina per la Tourist Police, che controlla i siti archeologici locali, ma ha anche funzioni investigative per evitare che il patrimonio venga depredato. Altrettanto facciamo a Roma, dove condividiamo il nostro modello di tutela. L’Italia offre un esempio sia normativo che operativo. È importante dialogare con le altre polizie, fare fronte comune, perché affrontare queste tematiche in maniera unitaria significa facilitare il lavoro. In Messico, ad esempio, grazie al nostro aiuto è nata un’unità simile alla nostra, e formazione e aggiornamenti sulle ultime tecniche investigative e di tutela sono continui.
Quali sono stati i casi più memorabili di questi primi 50 anni?
Sono tanti, è difficile scegliere. Come sempre quello più bello è il recupero che faremo domani, restituendolo alla comunità di provenienza. Certo ci sono oggetti simbolo, come la Triade Capitolina o il Vaso di Eufronio, o magari le due teste in marmo provenienti da Sessa Aurunca rubate durante la seconda guerra mondiale e ritrovate un paio d’anni fa, quella di Druso al Museo di Cleveland, quella di Tiberio presso un grande collezionista. Quando ne abbiamo dimostrato l’inequivocabile provenienza illecita ce le hanno subito ridate. Sono bei segnali di etica della restituzione, che è ciò che cerchiamo di diffondere in giro per il mondo.
Avete risorse adeguate?
Tutti vorrebbero più risorse, ma lavorare con ciò che si ha a disposizione e farlo fruttare al meglio penso che sia la sfida più bella. Devo dire però che né il Ministero né l’Arma dei Carabinieri ci hanno mai fatto venire meno il loro appoggio. E mai ci sono stati dei tagli, anzi, abbiamo in previsione un aumento di 40 unità, a seguito della Legge di bilancio 2018. Il nostro patrimonio però è talmente ricco e diffuso che i primi custodi dobbiamo essere noi cittadini. Come Carabinieri Tpc cerchiamo di diffondere al massimo questa consapevolezza, sensibilizzando l’opinione pubblica anche tramite la nostra presenza in scuole, università, convegni e seminari.
C’è collaborazione da parte di case d’asta, antiquari, dealer?
C’è più voglia di essere sicuri nelle vendite, quindi sì, abbiamo ottime collaborazioni, per esempio con le case d’asta, anche quelle online. Ci mettono a disposizione, a volte anche in anticipo, i cataloghi d’asta per le verifiche. È importante, significa prevenire la messa in vendita di oggetti di provenienza illecita. C’è più consapevolezza rispetto a prima.
Che fine ha fatto la legge per l’inasprimento delle pene contro i danni al patrimonio?
Approvata alla Camera, era passata al Senato, ma l’iter si è poi interrotto a causa dello scioglimento del Parlamento. Dario Franceschini e Andrea Orlando l’estate scorsa l’hanno riproposta, nel frattempo il Governo l’ha inserita nell’ambito del processo di ratifica della Convenzione di Nicosia, che prevede l’adozione di alcune modalità per la lotta al traffico di beni culturali e per la loro libera circolazione.
Novità future?
Festeggiamo i nostri 50 anni con la mostra al Quirinale, l’emissione di francobolli celebrativi e di una moneta dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Ma sarà un anno impegnativo: abbiamo importanti attività in corso che speriamo di portare a termine entro dicembre.

Il ministro Alberto Bonisoli alla presenza del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, il generale Giovanni Nistri, quando, il 6 marzo 2019, ha restituito alla segretaria di Cultura degli Stati Uniti Messicani, Alejandra Frausto Guerrero, 594 dipinti ex voto databili tra il XVIII ed il XX secolo, illecitamente sottratti al patrimonio culturale messicano ed esportati illegalmente in Italia
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