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Monica Trigona
Leggi i suoi articoliChe ruolo può assumere l’arte rispetto a circostanze drammatiche della nostra storia? Sicuramente i creativi hanno sempre avuto il potere di muovere le coscienze e di agire come catalizzatori per il cambiamento sociale. La capacità di indagare circostanze e fatti in modo trasversale e antiaccademico così come la forte componente visionaria che anima il loro modus operandi può fare infatti da propulsore per riflessioni profonde e costruttive.
Arseny Zhilyaev è originario di Voronež, grande città della Russia europea sud-occidentale, non distante dal confine ucraino, ma vive a Venezia dal 2014. Autore impegnato, interessato a codificare gli accadimenti del nostro tempo, è un «creatore di incontri, mostre, ricerche e sceneggiature per storie (future), attività̀ che svolge impiegando varie pratiche artistiche». I suoi lavori sono stati esposti in giro per il mondo, da Manifesta a Marsiglia, alle Biennali di Shanghai, Gwangju, Liverpool, Lione e in mostre al Centre Pompidou, al Palais de Tokyo, al HKW di Berlino ma anche alla Gam di Torino e al MAMbo di Bologna.
La mostra, «Lingua Madre», a cura di Alessandra Franetovich (con testi critici di Alessandra Franetovich e Marco Scotini), terza personale a lui dedicata (dal 5 marzo al 15 aprile) nella sede milanese di C+N Gallery CANEPANERI, comprende opere che, a partire dai loro stessi titoli, fanno presupporre una riflessione attorno a temi di stringente attualità connessi al conflitto russo-ucraino.
«Nei giorni della guerra», presentata per la prima volta in Italia, è un’installazione interattiva in cui Zhilyaev fa riferimento ad un’opera del pittore Gelij Koržev (1925-2012), quest’ultimo assai critico nei confronti dell’introduzione di elementi tipicamente capitalistici nel sistema economico socialista in Unione Sovietica. L’artista sonda così la Russia di oggi e il suo passato caratterizzato dalla soppressione delle libertà civili e politiche e da politiche imperialiste (colonialismo nei confronti degli altri Paesi e imposizione culturale).
Se nell’archivio di pagine di giornale dal titolo «Dietro la nebbia di guerra c’è sempre il dolore» (2022-2024) la cancellazione di interi testi appare come un esplicito atto di rifiuto, «Senza titolo o Wiedermal als Tragödie», opera al neon con tanto di citazione di Karl Marx sulla ciclicità della storia, offre un ponte tra presente e passato motivando implicitamente la tragicità del vivere umano.
Infine, l’opera «Lingua madre», da cui prende il titolo l’intero percorso, è composta da bandiere di stoffa su cui sono ricamate stralci delle telefonate fatte dai soldati russi alle loro famiglie. Anche qua, la vernice bianca è stesa sulle parole. Quest’operazione si può leggere come un pacifico atto di protesta quanto una precisa volontà di voler ammantare con il colore della pace, anche simbolo di nuovo inizio, un ardore belligerante che ha dell’assurdo agli occhi di tutti.


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