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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliLa basilica di Saint-Denis, capolavoro dell’architettura gotica alle porte di Parigi, sta rinascendo. Finalmente i lavori sono arrivati a interessare la facciata, che per anni è rimasta nascosta dietro una spessa crosta nera: non si riuscivano quasi più a distinguere i dettagli del Giudizio Universale scolpito sul portale centrale. Costruita a partire dalla prima metà del XII secolo e celebre per il coro per il quale, tra il 1440 e il 1444, l’abate Sugerio adottò soluzioni architettoniche innovative che segnano l’avvio del nuovo stile, la basilica divenne il sacrario dei re di Francia sotto Luigi IX il Santo. Vi riposano le spoglie di quasi tutti i re e le regine, da Dagoberto e Pipino il Breve a Francesco I ed Enrico IV. Il corpo di Maria Antonietta vi fu trasferito nel 1815. Sotto le campate laterali si trovano una settantina di statue funerarie dal XII al XVI secolo, tra cui quelle drammatiche di Caterina de Medici ed Enrico II. È un luogo ricco di storia, che spesso (e a torto) i turisti ignorano. Solo 160mila persone visitano ogni anno le tombe dei re. A scoraggiare i visitatori è la posizione decentrata, per quanto ben collegata dai mezzi pubblici, in una periferia notoriamente difficile. «Due urgenze sono all’origine dei lavori, ci ha spiegato Thomas Clouet, architetto dell’agenzia 2BDM e collaboratore di Jacques Moulin a cui lo Stato ha affidato il gigantesco cantiere. Innanzi tutto quella materiale, poiché la chiesa era davvero in cattive condizioni e alcune pietre in uno stato di degrado inaccettabile. E poi c’era un’urgenza sociale. Era necessario intervenire per rispetto nei confronti degli abitanti di Saint-Denis». Due importanti campagne di restauro si sono tenute nell’800. La prima fu portata avanti dall’architetto François Debret, che restaurò e completò le sculture della facciata. La seconda fu seguita da Viollet-le-Duc, che restituì all’edificio il suo aspetto medievale. L’ultimo intervento risale a 40 anni fa, ma «era stato fatto a metà e la facciata è rimasta incompiuta». Nel frattempo la pietra ha subito gli attacchi dell’inquinamento e del tempo. Una prima fase di lavori (tra il 2003 e il 2006), con un budget di 5,2 milioni di euro, ha permesso di restaurare gli archi rampanti dell’abside e di sistemare il giardino. Sono stati quindi rimessi a norma tutti gli impianti tecnici (2009-2011). Poi nel 2012 lo Stato ha stanziato altri 3,5 milioni e ha preso il via il progetto per il restauro della facciata, con i tre portali, il rosone e le vetrate del XII-XIII secolo. Le impalcature ne coprono ancora la maggior parte per consentire la pulitura, la sostituzione delle pietre in cattivo stato e il restauro delle sculture danneggiate con la ricostituzione delle parti mancanti. Per quanto riguarda le fiancate, la pulitura dell’ala sud è terminata, quella dell’ala nord è stata da poco avviata. Bisognerà pazientare fino all’estate per vedere il risultato finale. Thomas Clouet ci fa da guida: «Stiamo ristabilendo la facciata dell’epoca di Debret, il cui lavoro è stato a lungo criticato, ma poi rivalutato. La verità è che Debret seppe armonizzare la facciata, portando avanti un vero progetto architettonico». Sul ponteggio, a una ventina di metri d’altezza, Ippolita Romeo cui è affidata la direzione tecnica del restauro delle sculture: «Sulla parte centrale della facciata siamo ormai alle finiture. Sulle sculture del rosone sono state trovate tracce inaspettate di policromia. Abbiamo lavorato al loro consolidamento. Ora si tratterà di riadattare la doratura che all’epoca di Debret era stata applicata su sculture e iscrizioni», spiega la 41enne restauratrice di origini calabresi, che ha già lavorato nei cantieri delle cattedrali di Rouen, Chartres, Bourges e Notre-Dame de Paris. Le vetrate del rosone, appena restaurate, stanno a mano a mano tornando nella collocazione originaria. A breve il rosone tornerà anche a essere un orologio (il meccanismo ottocentesco è ancora funzionante).
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