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Graziella Melania Geraci
Leggi i suoi articoliNelle sale dell’Istituto Denza di Napoli ha finalmente trovato sede, dopo innumerevoli traversie, il Museo Archeologico Etrusco «Leopoldo De Feis» dotato di circa 800 reperti che vanno dall’età del Bronzo fino all’epoca imperiale, con un notevole nucleo di oggetti etruschi anche rari
La collezione privata, da cui ha origine il museo, fu raccolta nel secondo Ottocento dal padre barnabita Leopoldo De Feis, e collocata nel collegio fiorentino Alle Querce, di cui il De Feis era rettore. Nel 2002 la Soprintendenza archeologica della Toscana dichiarò di «eccezionale interesse archeologico e storico-artistico» i reperti De Feis, istituendo il museo.
Per mancanza di fondi l’Istituto di Firenze fu chiuso e la collezione fu conservata nelle strutture barnabite; solo la volontà e la caparbietà del rettore dell’Istituto Denza, padre Pasquale Riillo, ne hanno ottenuto dopo dieci anni di oblio il trasferimento a Napoli. Archeologo, epigrafista, latinista, estremamente interessato all’antichità e attento al mercato antiquario dell’epoca, padre De Feis fu corrispondente del Bollettino di archeologia e di altre riviste specializzate dove si occupava di problemi linguistici legati al latino.
Con l’apertura dei nuovi fronti di scavo nella città di Orvieto fu rapito dalla problematica della lingua del popolo etrusco e raccolse reperti le cui iscrizioni rappresentavano oggetti di studio, come quella di argomento religioso, rarissima nel suo genere, incisa su un vaso di bronzo, in mostra. Dunque la raccolta del Museo presenta acquisti fatti dal De Feis per le sue ricerche o donazioni di ex convittori o regali di confratelli, come la collezione epigrafica di provenienza romana di padre Luigi Bruzza.
L’allestimento attuale del museo, opera dell’archeologa Fiorenza Grasso, supportata dalla Soprintendenza di Napoli, favorisce la parte orvietana della raccolta etrusca, dalle necropoli Crocifisso del Tufo e della Cannicella, la cui provenienza è stata identificata dagli studi eseguiti dal professor Giovannangelo Camporeale; un altro nucleo della collezione è frutto della donazione della famiglia d’Avalos, feudataria di Montesarchio (l’antica Caudium) nel beneventano.
Reperti di particolare interesse sono il sarcofago in terracotta con immagine femminile distesa sul letto funebre di produzione seriale, i calici con decorazione a cilindretto e la statuetta di Minerva donata dal marchese Carlo Strozzi. Curiosità presenti nel museo e particolarmente vicine al sentire partenopeo sono gli ex voto di una stipe votiva dell’Etruria meridionale (la zona non è ben identificabile), oggetti del tutto simili a quelli noti alla contemporanea tradizione e religiosità napoletane.
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