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La Grande Moschea di Kufa, uno degli unici siti antichi rimasti nella città. Nelle vicinanze Tell Al Sayyagh era il luogo dove si trovavano i mercati della città e, secondo uno degli archeologi che lottano per salvarlo, racchiude un potenziale inestimabile per ciò che potrebbe rivelare

Foto: Ali Alturaihy

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La Grande Moschea di Kufa, uno degli unici siti antichi rimasti nella città. Nelle vicinanze Tell Al Sayyagh era il luogo dove si trovavano i mercati della città e, secondo uno degli archeologi che lottano per salvarlo, racchiude un potenziale inestimabile per ciò che potrebbe rivelare

Foto: Ali Alturaihy

In Iraq lo sviluppo immobiliare minaccia importanti siti archeologici

Tell Al Sayyagh, nel cuore dell’antica città di Kufa, è in pericolo a causa della legge sugli investimenti del Paese applicata, secondo alcuni, in modo improprio

Melissa Gronlund

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È scoppiata una battaglia per salvare il sito archeologico di Tell Al Sayyagh, parte dell’antica città di Kufa nell’Iraq centro-meridionale, a 180 km a sud di Baghdad. Il feroce dibattito verte su una questione sempre più scottante nel Paese: la cosiddetta legge sugli investimenti. Secondo alcuni, i membri del Consiglio di Stato per le antichità e il patrimonio (Sbah) hanno utilizzato la legge, negli ultimi dieci anni, per consentire lo sviluppo immobiliare su centinaia di importanti rovine, siti ormai perduti per sempre, distrutti dai bulldozer e sepolti sotto il cemento.

«Stanno distruggendo il patrimonio del Paese e lo stanno facendo legalmente», afferma un archeologo che ha chiesto di rimanere anonimo. Lo sviluppo immobiliare è stato autorizzato in siti importanti come Al-Hira, la capitale preislamica dell’Iraq meridionale, che ora giace in parte sotto l’aeroporto di Najaf; la vecchia Bassora, una delle città più grandi dell’Iraq durante il periodo islamico; e nella zona meridionale di Hillah, vicino a Babilonia, nonché nella stessa Babilonia

A Baghdad sono stati demoliti tutti i resti archeologici dell’epoca babilonese, sassanide e selgiuchide. Ora Tell Al Sayyagh è in pericolo. L’area, che si estende per circa 30 ettari, risale all’età d’oro di Kufa, tra il VII e l’VIII secolo, ed è uno degli ultimi siti incontaminati di quel periodo. La città medievale era un centro di apprendimento e cultura, un’eredità che vive ancora oggi nella scrittura cufica (il famoso stile calligrafico), e crocevia cosmopolita lungo le rotte di pellegrinaggio e commerciali.

«Il sito testimonia l’esistenza e la fondazione dell’antica Kufa», afferma Aqeel Ghaleb Al-Kharifawi, presidente del Comitato popolare per la protezione dei beni culturali e del patrimonio in Iraq, una ong locale che lotta per preservare il territorio. «Grazie ad esso, possiamo evincere la struttura della città antica, poiché contiene edifici che ospitavano il mercato dell’oro e dell’argento e i cambiavalute, che provenivano dal vicino regno di Al-Hira. La maggior parte di loro erano cristiani. Senza Tell Al Sayyagh non avremmo alcun sito da cui dimostrarlo».

Tell Al Sayyagh si trova anche al centro dell’odierna Kufa, una città ricca dove i terreni hanno un prezzo elevato. Nel 2017 l’Andalusian Wall Company ha presentato domanda per costruire un complesso residenziale sulle rovine, ma la domanda è stata respinta a causa dell’importanza di Tell Al Sayyagh. Da allora, tuttavia, la decisione è stata gradualmente revocata. Nel 2023, l’Autorità per gli Investimenti di Najaf ha diviso il terreno in due parti, una divisione che i critici ritengono arbitraria e che ha permesso alla società di costruire sulla porzione leggermente più piccola.

Poi, alla fine dello scorso anno, secondo i documenti del tribunale, la Andalusian Wall Company avrebbe chiesto di sviluppare il terreno più grande. Dopo diversi ricorsi e contestazioni, a marzo la società ha ottenuto il via libera per costruire un complesso residenziale del valore di 77 milioni di dollari.

Ali Obaid Shalgham, direttore generale dello Sbah, e Suhail Al-Tamimi, capo del dipartimento scavi, non hanno risposto alle domande sul perché il Consiglio di Stato abbia cambiato idea nonostante le precedenti dichiarazioni sull’importanza storica di Tell Al Sayyagh.

La decisione ha suscitato proteste a Kufa e a Najaf, nonché forti condanne sui social media. Il biasimo pubblico è molto insolito: sebbene diversi archeologi intervistati per questo articolo considerino la legge sugli investimenti una piaga, molti hanno taciuto per paura di compromettere i propri rapporti con lo Sbah. Secondo uno di loro, dopo che lo scorso anno alcuni archeologi hanno commentato sui social media la demolizione di una moschea antica di 700 anni a Bassora, uno di loro è stato punito con una sanzione amministrativa.

La legge sugli investimenti è stata emanata nel 2006 e poi adattata nel 2010 e nel 2015 per favorire lo sviluppo e incoraggiare gli investimenti stranieri. Il suo utilizzo è aumentato negli ultimi tre anni con la ripresa dell’attività economica. Essa consente alle aziende di presentare una petizione allo Sbah per modificare la classificazione dei siti archeologici al fine di poterli edificare. 

I siti dell’Iraq, ricco di cultura, sono suddivisi in tre categorie: A: aree di grande importanza storica, come il palazzo di Assurbanipal vicino a Mosul, che sono così cruciali da rimanere sempre protette; B: siti su cui sono in corso lavori e che devono essere salvaguardati dallo sviluppo commerciale; C: siti che hanno un valore storico notevole ma non eccezionale. La legge sugli investimenti rende di fatto ammissibili allo sviluppo i siti della categoria intermedia, dopo che uno scavo ha confermato che il sito non restituisce reperti significativi.

Sebbene sulla carta sembri una buona idea, nella pratica gli archeologi sostengono che le indagini condotte dallo Sbah siano mere formalità, volte ad avallare la vendita dei terreni. «Si tratta di scavi che richiederebbero dai cinque ai sei anni, invece vengono effettuati in pochi mesi, senza strumenti adeguati, in modo da poter affermare che non c’era nulla», afferma un archeologo.

Altri ritengono che vi sia un incentivo finanziario. La legge sugli investimenti, in particolare, è stata utilizzata soprattutto nelle grandi città, dove il prezzo dei terreni è più elevato, mentre i siti più remoti sono stati lasciati da parte. E con la crescita dell’economia irachena, si teme che il patrimonio culturale ne sarà sempre più vittima. «Se la legge continuerà a funzionare in questo modo, afferma un critico, i siti archeologici saranno distrutti e in Iraq non rimarrà più alcun sito di valore».

Melissa Gronlund, 12 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

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