Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Francesco Bandarin
Leggi i suoi articoliIl terremoto che il 6 febbraio 2023 ha sconvolto le regioni del sud-ovest della Turchia e del nord della Siria (foto 1 e 2), cui sono seguite ulteriori scosse successive, è stato uno dei più forti tra quelli registrati nell’ultimo secolo nell’Oriente mediterraneo, comparabile solo al sisma che nel 1939 distrusse la città di Erzincan nell’ovest dell’Anatolia, sempre in Turchia. Una duplice scossa, che ha raggiunto una magnitudo di 7,8 gradi con un’intensità a livello X (estremo) della scala Mercalli, ha devastato una zona che interessa ben dieci province della Turchia, tra cui quelle di Diyarbakir, Gaziantep, Şanlıurfa, Adana, Kahramanmaraş, e in Siria le province di Idlib, Aleppo, Homs, Hama. E ha provocato, solo in Turchia e secondo stime ancora provvisorie, oltre 40mila morti e oltre 100mila feriti, distruggendo più di 60mila edifici e lasciando oltre un milione di persone fuori dalle loro case. I gravi ritardi nell’invio di aiuti hanno aggravato ulteriormente la situazione della popolazione colpita, e generato aspre critiche al Governo turco.
Dai Sumeri agli Ottomani
A distanza di due settimane dal sisma, con le operazioni di soccorso ancora in corso, è possibile tracciare un bilancio provvisorio dell’impatto di questa catastrofe sul grande patrimonio culturale di una regione ricca di storia. Si tratta infatti di un’area che comprende una parte importante della cosiddetta «mezzaluna fertile», la zona del mondo dove si è sviluppata, nel periodo neolitico, la domesticazione delle piante e degli animali, e dove si sono create le prime forme di civiltà urbana, come testimoniano molti siti archeologici di importanza mondiale tra cui quello di Çatalhöyük. Questa regione ha visto, nel corso dei millenni, il succedersi di grandi civiltà e di potenti regni, dai Sumeri (IV millennio a.C.) all’Impero Ittita (XIV-XII secolo a.C.), all’Impero Assiro (X-VII secolo a.C.), all’Impero Achemenide (540-331 a.C.), fino alla conquista da parte di Alessandro Magno e alla successiva Dinastia Seleucide (305-64 a.C.).
Conquistata da Roma nel I secolo a.C., la regione passò poi sotto la dominazione dell’Impero Bizantino, fino al VI secolo, e venne poi conquistata dai Sassanidi di Persia (VI secolo), dagli Arabi nel VII secolo, dai Crociati nell’XI secolo, dai Turchi Selgiuchidi nel XII secolo, dai sovrani Mamelucchi dell’Egitto dal XIII al XVI secolo, dagli Ottomani, dal XVI al XX secolo, fino alla situazione attuale, che la vede divisa tra Turchia e Siria. Una vicenda storica così complessa non poteva non lasciare importanti vestigia archeologiche e monumentali che formano un patrimonio ricchissimo, in parte protetto dalla Convenzione del Patrimonio Mondiale dell’Unesco.
Turchia: crolla Antiochia, salva Nermrut Dagı
In Turchia, tra i danni maggiori provocati dal terremoto vi è senza dubbio il collasso di parti importanti del Castello di Gaziantep (foto 3-4), una struttura la cui origine risale addirittura all’epoca dell’Impero Ittita. Sotto la dominazione romana la fortificazione venne allargata e in seguito ulteriormente ampliata dall’imperatore bizantino Giustiniano I (482-565 d.C.). Al crollo dei bastioni del Castello nelle parti a est e a sud, si è accompagnato un dissesto generale della struttura, con importanti fessurazioni che richiedono urgenti misure di consolidamento. Proprio l’anno scorso il Castello era stato restaurato per installarvi il Museo della Difesa e dell’Eroismo, che celebra la resistenza della città all’assedio francese nel 1920, durante la Guerra d’Indipendenza della Turchia.
Anche la vicina Moschea Şirvani, probabilmente costruita nel XIV o XV secolo, all’epoca del dominio mamelucco, ma ricostruita nel 1681, è stata gravemente danneggiata dal terremoto, con il collasso parziale della cupola e del muro orientale. La Moschea della Liberazione, costruita originariamente come Chiesa Armena della Santa Madre di Dio nel 1892, e convertita in moschea dopo la deportazione della comunità armena nel 1915, ha subito danni con il crollo dei minareti e della cupola.
Gravi danni ha subito la provincia di Hatay, e in particolare la città costiera di Antakya. L’antica Antiochia, una delle città più importanti dell’Impero Romano, era già stata distrutta più volte nel passato da grandi terremoti (nel 115 d.C., nel 525 d.C. e da ultimo nel 1872), e ha subito danni devastanti nel centro urbano, che è completamente crollato. Anche la Chiesa Greco-Ortodossa (foto 8-9), sede dello storico Patriarcato Greco-Ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, ha subito danni gravissimi, con il crollo della facciata e con l’intera struttura resa instabile.
L’edificio della chiesa era relativamente moderno, anche se la fondazione originaria risale al 41 d.C., in relazione con la predicazione di san Paolo, iniziata proprio qui. Ad Antiochia si trova anche la storica Chiesa di San Pietro, che allo stato attuale delle informazioni non sembra aver subito lesioni. Fondata nel 38-39 d.C., è considerata la prima cattedrale cristiana del mondo. Venne costruita all’epoca della presenza di san Pietro ad Antiochia, all’interno di una grotta di 13 metri di lunghezza.
Sempre ad Antakya, gravi danni ha subito anche la storica Moschea Habib’i Neccar (foto 5), che in origine era la Chiesa di San Giovanni Battista, successivamente convertita più volte da chiesa in moschea e viceversa, fino alla sua rifondazione nel 1268, da parte del sovrano mamelucco Baibars (1223-77), e la ricostruzione completa da parte degli Ottomani dopo il gravissimo terremoto del 1853. Danni minori si registrano alla Sinagoga e all’importante Museo Archeologico della città.
Diyarbakir, l’antica città di Amida, probabilmente di fondazione assira e oggi la principale città a maggioranza curda in Turchia, durante la dominazione romana fu la città più importante della Mesopotamia. Divenuta un rilevante bastione orientale dell’Impero Bizantino, venne conquistata dai Persiani nel 502-3 d.C., poi riconquistata dall’imperatore bizantino Anastasio Dicoro (430-518), che iniziò la ricostruzione delle mura terminate dal successore Giustiniano I. La città storica è iscritta nella lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco. Nonostante la relativa lontananza della città dall’epicentro del sisma, la sua famosa cinta muraria romana e bizantina (foto 6) ha subito crolli e fessurazioni, così come la Chiesa Armena di San Giorgio, costruita inizialmente nel XVI secolo, e poi completata nel 1883.
Nella città di Malatya, anch’essa lontana dall’epicentro del sisma, l’antica Moschea Yeni Camii (foto 7), realizzata in stile classico ottomano nel 1913, ha subito un collasso parziale. Nella stessa area di Malatya, nel sito del Patrimonio mondiale di Arslantepe (foto 12-13), le mura storiche, costruite in mattoni di terra cruda, hanno subito crolli e dislocamenti a seguito delle scosse. Arslantepe è un sito antichissimo, la cui origine risale al 6000 a.C., che divenne nell’Età del Bronzo capitale del locale Regno di Isuwa e successivamente fu capitale dello Stato neoittita di Kammanu fino all’VIII secolo a.C. Questo sito è stato scavato e studiato nel corso dell’ultimo secolo da numerose missioni archeologiche italiane, da ultimo condotte dall’archeologa Marcella Frangipane della Università «La Sapienza» di Roma.
Non sono registrati danni al sito del patrimonio mondiale di Göbekli Tepe (foto 10), probabilmente il più antico sito megalitico tra quelli oggi conosciuti, datato a oltre 11mila anni fa. Egualmente, non si registrano problemi in un altro sito del Patrimonio mondiale, il Nemrut Dağı (foto 14), la necropoli ellenistica fondata dal re Attalo III e famosa per la sua colossale statuaria. Nella città di Urfa (l’antica Edessa) danni ha subito la famosa Piscina di Abramo (foto 11), un sito venerato fin dall’epoca preistorica e il luogo dove, secondo la leggenda ebraica, Nimrod gettò Abramo nel fuoco (Urfa è anche considerata il luogo di nascita di Abramo).
Siria: il terremoto si somma alla guerra
In Siria, gli effetti del terremoto sono paragonabili a quelli registrati in Turchia, con l’aggravante che il Paese soffre ancora delle terribili conseguenze della guerra civile durata oltre dieci anni, e non ancora del tutto finita proprio nelle province del Nord. Si stimano in circa 6mila le vittime e in circa 15mila i feriti. Oltre la metà delle vittime si trovava nella Provincia di Idlib, nel nord-est della Siria confinante con la Turchia. La zona è tuttora sotto il controllo delle milizie che si oppongono al regime siriano, il che genera un perdurante stato di tensione politica e militare.
Ad Aleppo, città storica iscritta al Patrimonio mondiale dell’Unesco, che ha sofferto danni gravissimi durante la guerra siriana, la famosa Cittadella ha subito danni giudicati, nell’insieme, moderati, con il crollo di alcune parti del Mulino Ottomano, il danneggiamento del minareto della Moschea Ayyubide (foto 15) e il crollo della sua cupola, oltre a danni al celebre Portale di ingresso, all’entrata alla Torre di difesa dell’epoca mamelucca e alla facciata dell’Ospizio Ottomano. Molti danni, crolli e fessurazioni, sono stati inoltre registrati nel centro storico, in molti edifici privati nella zona del quartiere Aqaba vicino alle Mura occidentali e alla Porta di Antakya. Anche nel quartiere storico di Jalloum si sono registrati crolli di tetti, muri e parti di facciate. Persino l’importante Museo Nazionale ha subito danni.
Nella provincia di Hama, molti edifici storici hanno subito lesioni, con crolli di facciate e fessurazioni. Nella città di Salamya, sede di un’importante comunità ismailita, si registra il collasso della parte superiore del minareto della Moschea dell’Imam Ismail che nel crollo ha danneggiato la facciata Sempre in questa provincia, è crollata una parte del muro dello storico Castello di Shmemis, costruito nel I secolo a.C. sulla sommità di un vulcano estinto e icostruito in varie epoche.
Nella Provincia di Tartus, sulla costa mediterranea, danni sono stati registrati al Castello crociato di Al-Marqab, vicino al sito di Baniyas, una delle roccaforti dei Cavalieri dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni (oggi l’Ordine di Malta). Il castello, che era stato restaurato di recente, è famoso per aver resistito all’assedio del Saladino nel 1188, durante la campagna che portò alla sua riconquista di Gerusalemme. Conquistato dal sultano mamelucco Qalawun nel 1281, fu trasformato in un centro amministrativo e sede del governatore militare, fino al 1884. Il terremoto ha danneggiato alcuni degli edifici interni e una delle torri di guardia.
Nella provincia di Homs, dove si trova il sito del patrimonio mondiale di Palmira, si registrano danni minori, se si eccettua il crollo del minareto della Grande Moschea di Qusayr e alcuni danni al Castello di Qadmous, famoso per essere stato il quartier generale degli Ismailiti nizariti di Siria, che dettero origine all’Ordine degli Assassini, una setta iniziatica di tipo religioso militare dell’inizio del XII secolo per combattere, con metodi violenti e con attentati, i Crociati e le autorità del Regno selgiuchide, che questi «fondamentalisti» consideravano eretico. Danni minori sono stati riportati nel celebre sito del Patrimonio mondiale dell’Unesco del Crac des Chevaliers, il castello costruito dai Crociati nel XII secolo e ancora oggi perfettamente conservato.
I danni del terremoto in Siria sono aggravati dalle difficoltà di far pervenire i soccorsi, data la situazione politica e le sanzioni imposte al Governo siriano dalle potenze occidentali. Nonostante a febbraio gli Stati Uniti abbiano sospeso per un periodo di sei mesi le sanzioni per gli aiuti umanitari, la situazione rimane difficilissima. Questa nuova tragedia dovrebbe spingere i Governi occidentali a rimuovere le sanzioni attualmente imposte per le attività relative al patrimonio culturale, un blocco ingiustificato, visti gli obblighi assunti dalla Comunità internazionale riguardo alla conservazione del patrimonio mondiale, e con conseguenze gravissime per la tutela di importantissimi siti culturali, quali Palmira, Apamea, Mari, Ebla. Il ritorno degli archeologi e dei conservatori internazionali in Siria è indispensabile se si vuole preservare per le future generazioni ciò che resta di un immenso patrimonio culturale, testimone delle origini della nostra civiltà.

Il Crac des Chevaliers

La Cittadella di Aleppo con il mulino ottomano

Il Nemrut Dağı

La Moschea Yeni Camii di Malatya

La Chiesa Greco-ortodossa di Antakya dopo il terremoto

Il Castello di Gaziantep dopo il terremoto
Altri articoli dell'autore
La «Città della Vittoria» fu eretta da Akbar, nipote del fondatore dell’impero Moghul, che però la lasciò nel 1585 e la abbandonò definitivamente dopo il 1601
Il 4 febbraio è mancata la guida spirituale degli Ismailiti Nizariti. Con l’Aga Khan Trust for Culture ha promosso la conservazione dei monumenti, la rigenerazione degli ambienti storici e la promozione di dialogo e multiculturalismo
Oltre 100mila chilometri quadrati di terre selvagge e specchi d’acqua, un vastissimo sistema naturale, ospita un mosaico diversificato di comunità vegetali e una vasta gamma di fauna marina e terrestre
Dal Sud America all’Europa: tutti i maggiori progetti dell’architetto brasiliano che riuscì a coniugare i principi e gli stili del Novecento con l’arte del paesaggio