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Il Regno Unito vale il 21% del mercato mondiale

L’analisi di Clare McAndrew: nel 2016 in Gran Bretagna si è venduta arte per 10,4 miliardi di euro

Sarah P. Hanson

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Un rapporto pubblicato il 18 luglio dalla Bamf (British Art Market Federation) ha stimato l’entità del mercato dell’arte britannico in relazione al panorama globale. Redatto da Arts Economics, la società di rilevazioni sul mercato dell’arte dell’analista Clare McAndrew, il documento conferma il Regno Unito al secondo posto nella graduatoria mondiale, con 10,4 miliardi di euro in vendite di arte e antiquariato, per una «fetta di torta» equivalente al 21% delle transazioni globali (primi in questa classifica sono gli Stati Uniti, con il 40%, mentre al terzo posto è la Cina, con il 20%).

L’universo dell’arte occupa direttamente in Gran Bretagna 41.700 persone e fornisce occupazione ad altri 94.710 addetti in attività collaterali, dal restauro alla logistica alle assicurazioni. Il contributo complessivo del mercato dell’arte all’economia britannica nel 2016 è stato calcolato in 1,65 miliardi di euro. Questo dato, secondo Anthony Browne, presidente di Bamf, «ribadisce che il mercato dell’arte è un qualcosa di cui il Governo dovrebbe prendersi cura», particolarmente ora, durante la transizione della Brexit.

La Bamf, un consorzio di società che tra l’altro comprende Christie’s, Sotheby’s e Phillips oltre a organizzazioni commerciali specializzate, come l’Aba (l’Antiquarian Booksellers’ Association, organizzazione di librai antiquari) e la Rics (la Royal Institution of Chartered Surveyors, organismo professionale che raduna i periti specializzati nella gestione di terreni, immobili, infrastrutture e costruzioni), aveva pubblicato il precedente report nel 2014. Da allora il valore globale del mercato britannico è sceso del 19%, a fronte di una contrazione del fatturato globale dell’arte del 17%. Il calo maggiore si è registrato nelle vendite all’asta, che sono scese di circa il 30%. I fatturati dei mercanti, al contrario, si legge nel rapporto «sembrano essere stati più stabili, e da un anno all’altro sono saliti del 3%».

Anche il valore delle importazioni d’arte nel Regno Unito si è contratto, passando dai 4,063 milioni di sterline del 2015 ai 2,796 milioni di sterline (pari a 3,15 milioni di euro) del 2016, perlopiù in linea con la contrazione globale, ma possibile motivo di preoccupazione quando Londra debba, dice Browne, offrire una «massa critica» di materiale di alto valore allo scopo di attrarre compratori internazionali. Browne è dell’idea che la Brexit (e l’abbandono del regime fiscale e delle regole imposte dall’Ue) rappresenti un’opportunità per ripensare la competitività della Nazione in un contesto globale.

Certo riconfigurare i rapporti tra Regno Unito ed Europa sarà una questione spinosa, e il report sottolinea l’importanza del commercio transfrontaliero per il mercato britannico,  che secondo il documento è sottostimato dalle cifre ufficiali. «Per alcune delle maggiori case d’asta, si legge ancora nel documento, le consegne per la vendita da Stati membri dell’Ue hanno costituito in media fino al 25% delle loro vendite britanniche». Inoltre, tra il 15 e il 20% di tutti gli acquisti (presso case d’asta e mercanti) sono andati a compratori dell’Ue: un pubblico che Londra non può permettersi di perdere.

«Per me, osserva Browne, il messaggio è che non ci si può compiacere di questa situazione. Occorre creare le condizioni idonee per favorire le vendite d’arte e la crescita del mercato».

Sarah P. Hanson, 14 settembre 2017 | © Riproduzione riservata

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