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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliÈ una nuova visione dell’uomo quella che intende affermare il Museo delle Civiltà, dal 26 ottobre, con l’inaugurazione del rinnovato allestimento delle collezioni del Museo Nazionale Preistorico Etnografico «Luigi Pigorini» sotto il titolo: «Preistoria? Storia dell’Antropocene». Il punto interrogativo fa riferimento a una rivoluzione dello sguardo, giunta a maturazione dopo decenni di elaborazione, sulle civiltà che hanno preceduto quelle delle «fonti storiche»: anch’esse avevano il loro centro, valori compiuti e, soprattutto, tante storie, non pre-istorie.
Per capire davvero da dove veniamo bisogna quindi abbandonare definitivamente la percezione lineare dei processi di sviluppo culturale, e sostituirvi un modello policentrico, inter-specie, integrato alla natura, e soprattutto non gerarchico, o come si dice oggi, «inclusivo». La nuova impostazione museale è frutto del lavoro di studio dei responsabili della collezione preistorica (Francesca Alhaique, Paolo Boccuccia, Francesca Candilio, Mario Mineo, Daniele Rossetti, Alessandra Sperduti), ma ha incontrato la filosofia museale del nuovo direttore del Museo delle Civiltà, Andrea Viliani.
Allestiti si vedranno reperti tra i più significativi dei complessivi 150mila provenienti da siti archeologici italiani e non, risalenti alle prime stagioni dell’Età della pietra fino alle prime forme di scrittura. Tra di essi, il cranio neanderthaliano Guattari 1 dal Circeo, le «Veneri» di Savignano e del Lago Trasimeno, le piroghe recuperate nel Lago di Bracciano in località La Marmotta, i materiali dei siti di Polada e di Coste del Marano, bronzetti nuragici e, a conclusione, l’aurea fibula prenestina, recante uno dei più antichi esempi di scrittura.
A dialogare con i segni dell’uomo primario (e non primitivo), quelli dell’uomo contemporaneo, nelle vesti dell’artista: con l’ausilio del curatore Matteo Lucchetti, Viliani ha messo in piedi un complesso programma di interventi di artisti dei nostri giorni, che a partire dal 26 ottobre, si interreleranno con le collezioni preistoriche, interrogandole sul loro autentico valore culturale, in questa rinnovata coscienza delle origini.
Si va dal libanese Ali Cherri (Leone d’argento a Venezia), all’artista-antropologa americana Elizabeth A. Povinelli, a Micol Assaël, Gianfranco Baruchello, Peter Friedl, Adelita Husni-Bey, Moira Ricci, Cesare Pietroiusti, Rossella Biscotti. E poi ancora: Maria Thereza Alves, Sammy Baloji, Daar-Decolonizing Architecture-Art Research (Sandi Hilal&Alessandro Petti), Bruna Esposito, Karrabing Film & art collective e Goerge Senga.
Di quest’ultimo il 26 ottobre inaugura la mostra personale «Come un piccolo cacciatore pagano diventa prete cattolico», documentazione di una storia vera, quella del congolese Salumu. Tra gli esiti di questa riconnessione tra le nostre remote origini e l’attualità c’è che il Museo delle Civiltà si doterà di una collezione d’arte contemporanea.

Piroga dal Lago di Bracciano, località La Marmotta (5700-5300 a.C.), Roma, Museo delle Civiltà © Museo delle Civiltà
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