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Cildo Meireles, «Marulho», 1991-1997, Cnap

© Cildo Meireles. Courtesy Cnap. Foto Mathieu Vincent/Cmn

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Cildo Meireles, «Marulho», 1991-1997, Cnap

© Cildo Meireles. Courtesy Cnap. Foto Mathieu Vincent/Cmn

Il Marulho di Cildo Meireles a Mont-Saint-Michel

L’abbazia normanna ospita nel refettorio dei monaci un’installazione degli anni ’90  dell’artista brasiliano: 300 metri quadrati di un paesaggio di carta attraversato da risonanze marine

Maud de La Forterie

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Da diversi anni in Francia il Centre des monuments nationaux e il Centre national des arts plastiques (Cnap) uniscono le forze per creare un dialogo tra patrimonio e creazione contemporanea. Con l’esposizione di opere di spicco in sette monumenti nazionali in tutto il Paese, la manifestazione «Biens venus!» rafforza questa collaborazione di lunga data e invita a rinnovare lo sguardo sui siti storici. A Mont-Saint-Michel, questa iniziativa assume un significato particolare con «Marulho» (Moto ondoso), opera realizzata nel 1991 dal brasiliano Cildo Meireles, che resterà allestita fino all’11 novembre.

Nato nel 1948 a Rio de Janeiro, Meireles fin dagli anni '60 ha sviluppato un’opera impegnata che mette in discussione i circuiti di scambio e le strutture del potere. Lontano da ogni minimalismo astratto, la radicalità del suo approccio deriva da un rigore formale che si esprime in intense esperienze sensoriali, all’interno di uno spazio espositivo in cui l’immersione fisica e la distanza critica sono strettamente legate.

 

 

 

La materia del silenzio

L’installazione, acquisita dal Cnap nel 2001, è emblematica della pratica dell'artista. Con i suoi circa 17mila fascicoli aperti, disposti con cura sul pavimento a formare una distesa blu e ondulata, «Marulho» ne è un esempio riuscito. Qui le pagine non contengono alcun testo, ma dispiegano una costellazione di fotografie che evocano il mare (riflessi, bagliori, onde stilizzate) che rendono questo arcipelago editoriale di 300 metri quadrati un paesaggio di carta attraversato da risonanze marine. 

A questa superficie silenziosa, che il visitatore sperimenta dal pontile che la sovrasta, risponde il sussurro di un coro composto da un centinaio di voci, ognuna delle quali pronuncia in lingue diverse la parola che designa l’acqua. Da questo brusio poliglotta emerge un rombo ipnotico e avvolgente, simile al moto ondoso del mare. «Marulho», termine portoghese il cui significato evocativo resiste a qualsiasi traduzione, non indica forse il moto ondoso e quel mormorio diffuso che precede il flusso e il riflusso?

Presentata nel refettorio dei monaci dell’abbazia, spazio di rituali collettivi, l’installazione è in sintonia con la dimensione spirituale del luogo. Questo legame non deriva solo dalla loro comune relazione con l'acqua, ma anche dalla loro condivisa capacità di rendere il silenzio una materia attiva. Il rapporto con il suolo, con il corpo, ma anche con il ritmo lento dello spostamento infonde una temporalità meditativa che si inserisce con precisione nel lungo tempo del Mont-Saint-Michel, luogo di pellegrinaggio e di elevazione che da dieci secoli articola la fissità della pietra ai movimenti delle maree

Si potrebbe vedere in questo una metafora politica della globalizzazione e della migrazione, ma l’opera, vettore di un’estetica relazionale ante litteram, rifiuta le evidenze. Mare senza profondità, libri senza parole, linguaggio senza radici di cui solo l’oralità mantiene la fragile eco, qui tutto sfugge alla sua funzione prevista

Presentata per la prima volta in un contesto patrimoniale più di trent’anni dopo la sua creazione, «Marulho» assume un significato rinnovato in un momento in cui è necessario tenere conto dell’urgenza ecologica, uno dei temi principali della stagione brasiliana in Francia nel 2025.

 

Maud de La Forterie, 21 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

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