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Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliFondato nel 1990 da Piero Guicciardini e Marco Magni, lo studio associato Guicciardini & Magni Architetti vede come «core business» i beni culturali. Portano la loro firma oltre 70 mostre temporanee e 40 musei, tra cui il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze e il Tekfur Sarayi (Palazzo del Porfirogenito) di Istanbul. Lo studio ha vinto concorsi internazionali come quello per il Project Richelieu di Parigi e il Nasjonalmuseet di Oslo.
La pandemia cambierà davvero la progettazione museale? «Sarei prudente nel dirlo, ci dice Marco Magni. I musei odierni sono il risultato dell’evoluzione del museo storico, in cui il rapporto tra visitatore e opera era di tipo contemplativo, con un’interazione assai ridotta. Negli ultimi anni sono cambiati non tanto gli spazi quanto le attività e la fruizione. Oggi il museo è anche un luogo sociale in cui si studia e si vive, quindi con una maggiore interazione fisica e diretta del visitatore, che è però proprio il tipo di attività che oggi il Covid maggiormente inibisce. Quindi più che la progettazione museale secondo me cambierà la gestione dei progetti culturali, chiamata a instaurare un rapporto di affezione con il visitatore che continui a funzionare, tramite i social e altre attività a distanza, anche nell’impossibilità della presenza fisica. Questo è forse il maggiore insegnamento che abbiamo ricevuto finora dal Covid».
Tutto questo riguarda anche l’allestimento delle mostre: «In questo caso, continua Magni, la visita reale rimane però un’esperienza insostituibile. Diversamente, il museo perderebbe la sua natura di luogo sociale fondamentale nella creazione di una identità culturale, individuale e collettiva. Molto poi dipenderà dai tempi. Se la situazione persisterà, o si dovesse riproporre con maggiore frequenza, potrebbe riportare i progetti a una dimensione più locale, dopo gli scambi e gli sviluppi internazionali di questi ultimi anni».

Marco Magni e Piero Guicciardini. Cortesia Guicciardini & Magni Architetti
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