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«Colosseo, veduta del Palatino, dell’Arco di Tito e di Costantino», di Ludovico Caracciolo, Fondo Lanciani, Roma

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«Colosseo, veduta del Palatino, dell’Arco di Tito e di Costantino», di Ludovico Caracciolo, Fondo Lanciani, Roma

Guardate la Roma che non c’è più

Un magnifico volume di immagini storiche sulla raccolta Lanciani

Anna Lo Bianco

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Un volume corposo, concepito con rigore scientifico, come annuncia la ormai rara copertina priva di immagini e colori: questo è l’atteso libro sulla raccolta di Rodolfo Lanciani (72mo volume della Rivista dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte). Si tratta di un vastissimo nucleo di rappresentazioni di Roma e della campagna circostante, conservato nella Biblioteca Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte di Roma. Un materiale ricco, quasi ventimila esemplari tra disegni, incisioni, fotografie, manoscritti, noto agli studiosi ma che merita di essere divulgato per i tantissimi spunti di interesse e curiosità che suscita.

La figura di Rodolfo Lanciani (1845-1931), archeologo in un periodo cruciale, nella Roma postunitaria, direttore di scavi importantissimi e dei nuovi piani regolatori destinati a cambiare il volto della città, professore di topografia romana, prende corpo proprio dalla sua collezione di immagini di Roma, destinata nel suo progetto a comporre un quadro sistematico della storia della città. Nell’introduzione la curatrice Elisa Debenedetti illustra la sequenza delle tematiche affrontate, ora in forma di saggio, ora di vero e proprio catalogo, dai vari collaboratori al volume: Francesco Gandolfo, Maria Pia Muzzioli, Maria Giulia Barberini, Lorenzo Fei, Sabina Carbonara Pompei, Matteo Borchia, Simonetta Ciranna, Maria Celeste Cola, Alessandro Cremona, Fausto Pace, Giorgio Ortolani, Claudio Impiglia.

A Gandolfo si deve il lungo saggio iniziale sulle raffigurazioni di alcuni famosi mosaici medievali eseguite in periodi e da autori molti diversi tra loro, che evidenziano le specificità dei singoli momenti storici. Troviamo, tra gli altri, i mosaici di San Giovanni in Laterano, Santa Cecilia, San Paolo fuori le mura, che l’incendio del 1823 distrusse in buona parte; un acquarello della collezione testimonia con evidenza le lacune e lo stato della decorazione musiva della facciata di questa basilica.

Un caso particolarmente interessante è costituito dai mosaici dell’abside di Santa Maria in Trastevere con al centro la raffigurazione di Cristo e della Vergine in trono. Nella raccolta troviamo infatti la riproduzione realizzata a penna e acquarello dall’artista neoclassico Felice Giani, che, pur nella sostanza iconografica, volge l’immagine verso un’interpretazione lontanissima dal sentimento medievale (nella didascalia sottostante Giani lo definisce «mosaico greco dei bassi tempi»), con una definizione sostanzialmente negativa. Nel disegno poi sovverte in pieno l’algida iconicità antica per un’interpretazione che «trasforma il Cristo in un Giove e la Vergine in una Giunone, assisi in trono in una sorta di Olimpo cristiano», scrive Gandolfo.

Si compone nei vari testi un’immagine approfondita di Roma attraverso le piante dei primi decenni dell’Ottocento, dettagliate, nitide, arricchite da notazioni manoscritte a margine che illustrano la città partendo dai prototipi di Piranesi e Nibby, con uno sviluppo e una varietà assolutamente unici.

Di Roma si illustrano anche le vedute più libere, di autori spesso stranieri come Louis-François Cassas, o romani come Bartolomeo Pinelli, dedicate a scorci e panorami inquadrati dalla natura. Seguono i capitoli incentrati sull’arredo urbano tra Settecento e Ottocento e sull’Architettura della città con i suoi palazzetti. Nel primo convergono disegni raffinatissimi e quasi visionari come quelli per i progetti di obelischi: di Giovanni Stern per l’Obelisco Sallustiano in piazza Montecitorio, denso di simboli sottesi o di Michele Ilari per la fontana intorno al basamento della Colonna di Marco Aurelio.

Il secondo argomento mette in luce il rilievo dei disegni architettonici relativi ad aree centrali della città, anche nella sua nuova configurazione. Altri esemplari sono dedicati a giardini e parchi, davvero essenziali per una visione del verde attorno alle vestigia antiche ma anche nelle ville. Tra questi compaiono fogli di Hubert Robert e Warwick Smith.

Ma la raccolta offre infinite altre importanti testimonianze storiche, con immagini del Tevere prima della realizzazione dei muraglioni, dei ponti, degli acquedotti o altri documenti che permettono di ricostruire le arti figurative in periodi ben precisi come nel caso dei pontificati di Pio VII e Gregorio XVI, così densi di vitalità.

Alla tematica della Campagna romana sono dedicati alcuni volumi della collezione Lanciani, schedati e ordinati negli anni Trenta, ricchissimi di una documentazione che oggi, dopo i tanti e ancora recenti abusi, ci fa vagheggiare quel tempo. Oltre ai tanti paesaggi con vedute ripresi da vari dintorni della città, tra cui non si può non segnalare il suggestivo «Panorama di Roma da Monte Mario» di Ludovico Caracciolo, trovano posto nella raccolta nuclei corposi e importanti come quello su Villa Adriana. Un volume dunque che si rivela uno strumento essenziale per ricerche sugli edifici antichi e sulla configurazione storica di Roma, ma anche una lezione di bellezza purtroppo in parte oggi perduta.

«Colosseo, veduta del Palatino, dell’Arco di Tito e di Costantino», di Ludovico Caracciolo, Fondo Lanciani, Roma

Anna Lo Bianco, 04 maggio 2018 | © Riproduzione riservata

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