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Beatrice Timillero
Leggi i suoi articoliVenerdì 15 e sabato 16 novembre Palazzo Grassi ha ospitato la 10ª edizione di Grand Tour, un progetto finalizzato all’apertura di un dialogo fra operatori dell’arte contemporanea appartenenti a diverse istituzioni (in particolare musei, fondazioni e collezioni), e destinato alla ricerca di soluzioni comuni a problemi spesso condivisi o sistematici, perlopiù riferiti alle gestioni interne.
Attivo dal 2015 e pianificato a cadenza annuale, Grand Tour ha festeggiato l’importante anniversario invitando a partecipare contemporaneamente a questa edizione le dieci istituzioni protagoniste delle scorse conversazioni, tra cui la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, la Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze, il Centre Pompidou di Parigi, Manifesta 12 a Palermo, lo S.M.A.K. Stedelijk Museum voor Actuele Kunst di Gand in Belgio, il MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, l’ECAL/Ecole cantonale d’art de Lausanne di Losanna in Svizzera, il Van Abbemuseum di Eindhoven nei Paesi Bassi, l’Haus der Kulturen der Welt di Berlino in Germania e il Mucem, Musée des civilisations de l'Europe et de la Méditerranée, di Marsiglia.
La giornata di venerdì ha visto decine di ospiti partecipare a cinque tavole rotonde disposte all’interno del Teatrino di Palazzo Grassi. Previa partecipazione è stato chiesto loro di indicare la tipologia di impiego attuale, di modo da poter essere smistati nel gruppo più consono ai propri interessi e formazione. Le cinque tematiche selezionate, in questo caso Learning, Caring, Out-reaching, Being part e Mediating & Sharing, sono state introdotte da due moderatori fissi presenti per ogni gruppo, nonché rappresentanti ciascuno di una precedente edizione di Grand Tour.
Grand Tour 2025. Ph Matteo De Fina. Courtesy Palazzo Grassi
Prendendo ad esempio quest’ultimo gruppo, Mediating & Sharing, moderato da Martino Margheri (Fondazione Strozzi) e Francesca Togni (Fondazione Sandretto Re Rebaudengo), sorprende fin da subito l’eterogeneità degli astanti. Al dibattito hanno partecipato infatti diversi responsabili di coordinamento e gestione della mediazione culturale presso enti di rilievo, quali Collezione Guggenheim e Triennale di Milano, docenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, insegnanti presso licei artistici e alcuni fra i mediatori stessi di Palazzo Grassi. Gli argomenti trattati, altrettanto vari, spaziavano all’interno della macroarea di interesse tra la differenza di pubblico fra enti provvisti di una collezione permanente e non, le strategie da adottare per combattere lo stigma mediatore/tuttofare e l’importanza di saper mantenere un certo grado di flessibilità nell’ambito della comunicazione tra istituzioni e fruitori.
Nonostante una restituzione generale fissata per la mattinata del sabato dovesse riassumere compiutamente le tematiche discusse, già nel pomeriggio di venerdì era possibile riscontrare di tavola in tavola problemi molto simili sebbene applicati a diversi contesti. Due le difficoltà più sentite: la mancanza di tempo e il peso di una comunicazione troppo complessa, soprattutto dal punto di vista interno. Non sconvolge quindi che uno dei minimi comuni denominatori della seguente restituzione sia stato un promemoria necessario: «i musei sono fatti di persone».
Un valore aggiunto addotto alla sintesi è stato offerto dalla presenza dell’illustratrice Roberta Ragona, in arte Tostoini, che sfruttando una modalità di ascolto attiva ha creato sul momento una brillante mappa concettuale. In seguito a questa parentesi dedicata agli addetti ai lavori, nel pomeriggio del sabato Palazzo Grassi ha aperto le sue porte al pubblico ospitando sei laboratori guidati dalle istituzioni ospitanti. Utilizzando come terreno comune i lavori di Tatiana Trouvé, già presenti all’interno del palazzo, i relatori si sono messi in gioco condividendo i diversi tipi di approccio alla gestione museale propri delle varie istituzioni, concretizzando armoniosamente alcuni aspetti della sinergia analizzata in precedenza.
Grand Tour si è riconfermato un’iniziativa utile, ambiziosa e ben orchestrata, nonché un simbolo della qualità del lavoro svolto da Palazzo Grassi e dalla Fondazione Pinault in generale nel corso di questi dieci anni. L’invito ora è rivolto all’anno prossimo, con l’augurio di vedere risolte o quantomeno smussate le criticità internazionali emerse nel corso del progetto.
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