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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliSi apre con un tema sfidante, dedicato agli allestimenti temporanei, la nuova stagione espositiva della Fondazione Querini Stampalia di Venezia. «L’effimero architettonico», a cura di Armando Cattaneo, Maura Manzelle e Barbara Pastor, fino all’8 febbraio 2026 presenta in area Scarpa i due progetti allestitivi firmati da Valeriano Pastor e Michelina Michelotto appositamente ideati nel 1987 per due mostre all’interno della stessa Fondazione: «I Querini Stampalia: un ritratto di famiglia nel Settecento veneziano» e «Cento vetri. Opere in vetro dal 1951 al 1987». Due specifici focus ricostruiscono attraverso scatti fotografici di allora l’assetto di entrambe le proposte, mentre nell’aula Gino Luzzato disegni originali e schizzi provenienti dagli archivi della Fondazione, dal Fondo Architetti Pastor Michelotto e della Falegnameria Capovilla, offrono un quadro dell’ideazione di una macchina espositiva in tutte le sue variazioni compositive. Pastor, già protagonista tra il 1982 e il 1997 in Querini di un intervento che ne ridefinisce funzionalità e identità, procede attraverso il «metodo tentativo» di Scarpa (suo maestro) che si fa esercizio di precisione perché anche un allestimento, come rimarca Maura Manzelle, è architettura solo in una scala diversa.
I disegni presenti in mostra ben ricostruiscono questo approccio, «l’inseguire un’idea, il riuscire a circoscrivere un obiettivo progettuale anche lavorando sui vincoli tecnici, prosegue la curatrice che è anche docente di Progettazione architettonica allo Iuav di Venezia. C’è moltissimo studio sul baricentro dei quadri, sul loro sbilanciamento, su come portarli a un equilibrio diverso, non scontato, proprio per stimolare un’osservazione attiva del visitatore».
Pastor nei suoi schizzi e studi riproduce piani inclinati anche per gli stessi strumenti (si veda quello afferente a una viola), trae ispirazione dagli interni del pittore veneziano settecentesco Pietro Longhi per le scelte cromatiche e per riprodurre «un’architettura tessile fatta di velari e drappeggi che mutano di trasparenze, ora più fitte, ora più leggere, alla ricerca anche della venetianitas. Sempre in un rapporto dialettico tra opera ed elemento espositivo che mette in risalto la prima», aggiunge la curatrice. Lo studio del dettaglio tecnico anche nei sistemi di appensione e nella scelta dei materiali rivelano «quel pensiero costruttivo che si declina anche quando si lavora con elementi impalpabili come i lini e la luce», conclude Maura Manzelle. L’approccio è specifico, è vero, perché il materiale esposto è più facilmente intellegibile da figure avvezze al tema se non appartenenti al mondo dell’architettura più in generale, ma la sfida (che troverà una continuità nella programmazione futura con altri esempi di progettazione di Scarpa e Botta) in fondo è proprio questa: allenare l’occhio e il senso critico di chi guarda.
«L’effimero architettonico, aggiunge Cristiana Collu, direttrice dell’istituzione veneziana, inaugura una traiettoria che la Querini ha iniziato a delineare: un percorso di esplorazione dell’architettura contemporanea avviato con la rivista «About:», una road map che ci accompagnerà lungo tutto il 2026 fino alla prossima Biennale Architettura del 2027. Una ricognizione che prende forma a partire dalla condizione singolare della Querini, luogo in cui architetti diversi, Carlo Scarpa, Valeriano Pastor, Mario Botta, Michele De Lucchi e Izaskun Chinchilla, hanno misurato il proprio pensiero sul corpo dell’edificio. Dentro questo orizzonte, il ritorno a Pastor assume un valore fondativo. Questa mostra, dunque, è un punto di avvio: il primo capitolo di un’indagine sulla temporalità dell’architettura, sulla sua capacità di essere tanto costruzione quanto apparizione».
Dal 13 dicembre e fino al 12 aprile 2026 altre due mostre arricchiranno il calendario espositivo: «Bella la vita a Venezia», dedicata all’intera collezione dei dipinti di Gabriel Bella (Venezia, 1720-99), e «Disapparire. Antonio Corradini e Luigi Ghirri».
«Due mostre che sono due movimenti della stessa partitura, la Querini che restituisce profondità al proprio patrimonio con uno sguardo situato nel presente e orientato da nuove letture e da nuovi linguaggi, prosegue ancora Collu. Bella lavora sulla forza identitaria della collezione, sulla capacità delle opere di raccontare chi siamo attraverso ciò che custodiamo da secoli. “Disapparire” affronta invece il tema del velo nell’arte, mettendo Corradini in dialogo con lo sguardo fotografico di Luigi Ghirri, presente nel nostro fondo: una convergenza che non è un esercizio formale ma un modo per mostrare come un patrimonio storico possa generare nuove connessioni di grande risonanza e spessore evocativo. Il fil rouge è proprio questo: una Fondazione che non espone semplicemente ciò che possiede, ma lo interpreta, lo intreccia, lo rimette in campo. La nuova Querini si costruisce così, per innesti e per attriti, tenendo insieme tradizione, ricerca, contemporaneo e sperimentazione. Non una somma di mostre, ma la tessitura di una narrazione che ridà slancio al nostro ruolo come laboratorio culturale vivo, necessario, poroso e in osmosi come le maree della città nella quale è radicata».
Due allestimenti di Valeriano Pastor e Michelina Michelotto «L’effimero architettonico», Venezia, Fondazione Querini Stampalia. © Fondazione Querini Stampalia. Photo: Adriano Mura