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Berengo Gardin «Uno dei ripiani utilizzati per le composizioni nello studio», 1993, stampa ai sali d'argento, Archivio Gianni Berengo Gardin, Milano

© 2025 Gianni Berengo Gardin / Fondazione Forma per la Fotografia / Contrasto

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Berengo Gardin «Uno dei ripiani utilizzati per le composizioni nello studio», 1993, stampa ai sali d'argento, Archivio Gianni Berengo Gardin, Milano

© 2025 Gianni Berengo Gardin / Fondazione Forma per la Fotografia / Contrasto

Gianni Berengo Gardin fotografa l'anima silenziosa di Giorgio Morandi

Dal 23 maggio al 28 settembre 2025, la Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia ospita la mostra “Gianni Berengo Gardin fotografa lo studio di Giorgio Morandi”

Entrare in punta di piedi in una vita. O meglio: nei ricordi di una vita. E immortalarli per sempre in quella dimensione onirica, tra la realtà e il sogno e tra il frammento e il flusso, in cui tutto è ancora intatto. In cui tutto è ancora lì, come Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964) lo aveva lasciato. È infatti con immenso pudore e profondo rispetto che Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 10 ottobre 1930) nel 1993 accetta l'incarico di fotografare lo studio del Maestro prima che questo fosse smantellato per l'apertura del Museo Morandi. Ed è da quell'esperienza che nasce la mostra «Gianni Berengo Gardin fotografa lo studio di Giorgio Morandi», a cura di Alessandra Mauro, visitabile fino al 28 settembre 2025 presso la Galleria Nazionale dell'Umbria a Perugia. Una documentazione, rigorosa ma vitale, che si fa evocazione poetica e registrazione puntuale di una pratica artistica fatta di misura e contemplazione. Fatta di vasi, bottiglie, piatti e caffettiere; tutti quegli oggetti, cioè, che Morandi ha saputo disporre, con abile maestria e indomita precisione, nelle sue «sospese» ed eterne tele. Perché l'obiettivo del fotografo era quello di catturare gli ambienti dove sono nati i capolavori di Morandi in un «behind the scenes» che raccontasse tanto le stratisticazioni fisiche e concettuali che quegli ambienti avevano sopportato, quanto le fasi della vita e della poetica che il maestro aveva vissuto. È infatti una «spazialità complessiva», ricca e dettagliata, quella descritta da Gardin, in cui ogni particolare sembra aver «respirato» la presenza di un artista. Di quell’artista che, con profondità e rigore, ha trasformato l’opera in uno specchio del suo stesso animo.

Berengo Gardin fotografa lo studio di Giorgio Morandi, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria. Foto: Marco Giuliardelli

Perché se per Morandi gli oggetti erano una «trasposizione dei suoi stati d’animo», allora «nel lavoro di Gardin le “cose” di Morandi diventano anche le “cose” del Fotografo», come sottolinea Alessandra Maura del catalogo della mostra, in un dialogo vibrante tra emozioni che fremono, materie che sussurrano e immaginari che si sfiorano. Lontano da ogni retorica, infatti, lo sguardo attento e partecipe di Gardin conduce l’osservatore in uno spazio atemporale in cui ogni voce trova il proprio eco e ogni silenzio la sua profonda e completa risposta. Non è un caso, infatti, che qualche anno fa, Sebastião Salgado (recentemente scomparso) chiamò Gardin, suo amico di lunga data, «il fotografo dell’uomo», riconoscendo in lui quell’empatia profonda e quell’attenzione delicata alla vita e alla società che, attraverso decenni di lavoro, hanno plasmato uno stile unico, autentico e inconfondibile. Storia dopo storia, o meglio, sguardo dopo sguardo, il suo modo di vedere si è lentamente forgiato nella quotidianità, cesellandosi, come un’opera d’arte, sulle esigenze intime e profonde di ogni racconto fotografico.

E nelle fotografie dello studio di Morandi si percepisce proprio quello still life preciso e completo che Gardin è riuscito a cogliere. Quelle immagini, di cui 21 esposte nella mostra a Perugia, che non si soffermano però «solo» sulle stanze, sui pennelli, cavalletti, tele e vasi, ma, come in un gioco raffinato di ritratti e autoritratti, traducono tutta la complessità di uno dei più grandi artisti del Novecento. Perché «quelli di Berengo Gardin, come ribadisce Alessandra Maura, sono racconti fotografici che parlano di persone e delle loro vicende esistenziali, piccole o grandi che siano».  Ed entrare nello studio di Morandi attraverso l’obiettivo del fotografo è proprio come varcare la soglia di una vita sospesa e cristallizzata nel tempo. È fare un viaggio, profondo ma necessario, tra oggetti che invitano a fermarsi. A guardare, con occhi nuovi e vergini, quella realtà così apparentemente distante, per incontrare, invece, l’uomo che c'era dietro le opere. Un uomo che, grazie all'obiettivo di Gardin, è ancor oggi presente ed eterno, proprio come quegli  oggetti che aveva lasciato in studio…


 

Nicoletta Biglietti, 03 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

Gianni Berengo Gardin fotografa l'anima silenziosa di Giorgio Morandi | Nicoletta Biglietti

Gianni Berengo Gardin fotografa l'anima silenziosa di Giorgio Morandi | Nicoletta Biglietti