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Una veduta dell’installazione di Gian Maria Tosatti a Barcellona

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Una veduta dell’installazione di Gian Maria Tosatti a Barcellona

Gian Maria Tosatti: «La vera vita è navigare, non galleggiare»

L’artista romano presenta a Barcellona una nuova versione dell’inquietante progetto sull’apartheid creato per Città del Capo e incentrato sui fascismi di ieri e di oggi

Roberta Bosco

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«L’opera non è il frutto del furore creativo, ma il risultato di un’equazione perfetta. È un oggetto polimorfo che si squaderna davanti al visitatore, una specie di macchinario che s’incarica di tirare fuori qualcosa che vorremmo dire, ma che fatichiamo a verbalizzare o anche solo a visualizzare… È una specie di psicoanalista». Così l’artista Gian Maria Tosatti (Roma, 1980) definisce l’emozionante installazione che presenta nel centro d’arte Santa Monica di
Barcellona, nell’ambito della mostra «El otro lado» (1 marzo-2 giugno), curata dal direttore del centro Enric Puig e da Ferran Utzet, che si propone di materializzare tutto ciò che sta, appunto, «dall’altra parte», in un viaggio che non ha né regole né logica. «La mostra offre un viaggio labirintico nell’immaginario di 9 artisti. È un percorso che non si deve né decifrare né capire, ma solo sentire e godere», dichiara Enric Puig.

Come tutti coloro che hanno visto «Storie della notte e destino delle comete», la grande metafora immersiva del boom industriale italiano concepita da Tosatti per il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2022, anche Puig ne è rimasto talmente colpito da non potersela più togliere dalla testa, fino a quando è riuscito a portare un’opera dell’artista italiano a Barcellona.

«È la prima volta che non creo un progetto ex professo per una città e uno spazio», puntualizza Tosatti, che a Barcellona propone una nuova versione dell’installazione sull’apartheid da lui concepita per Città del Capo in Sudafrica e che in questa sede allarga il suo sguardo a tutti i fascismi, sia quelli che ferirono l’Europa nella prima metà del XX secolo come quelli che stanno riemergendo dalle profondità insondabili dell’ignominia.

Così, dopo Catania, Riga, Città del Capo, Odessa e Istanbul, Barcellona accoglie un episodio di «Il mio cuore è vuoto come uno specchio», un progetto di lunga durata sull’attuale crisi di valori, che prende forme differenti in ogni città che lo accoglie, città che sono raffigurate nella complessità della loro situazione attuale.
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«Un ritratto mette in evidenza caratteristiche condivise che ti chiamano in causa», segnala l’artista, che in ogni tappa del progetto realizza il ritratto dello spirito di una città, preciso come uno specchio, ma che come tale può essere appannato e offuscato fino ad alterare e perfino «truccare» la realtà.
Abituato a lavorare con grandi spazi, Tosatti è stato il primo artista della storia della Biennale ad aver osato confrontarsi con l’enorme e complicatissimo Padiglione Italia con un progetto personale.

Anche in questo caso la sua installazione occupa un intero piano del centro Santa Monica, situato in un antico chiostro proprio alla fine della Rambla. Non farò spoiler anticipando ciò che troverà il visitatore, basti sapere che si tratta di un’esperienza intima e individuale, in grado di generare sensazioni diverse, ma comunque pervasa da un’inquietudine sottile, da una claustrofobia latente, che acuisce il senso di perplessità, fragilità e debolezza di ognuno. In alcuni episodi della serie come nel caso di Istanbul, l’installazione è attivata da performers, ma in questo caso l’esperienza è assolutamente solitaria (solo una persona per volta può accedere all’opera).

La simbologia è ricca e ogni visitatore la interpreta secondo le proprie idee e il proprio vissuto, ma è impossibile sfuggire al senso di sofferenza, perdita e disagio, che aleggia negli ambienti. Gli specchi riflettono immagini sfocate, l’acqua non lava via la sporcizia e men che meno le colpe e il malessere per gli errori commessi sembra prendere inesorabilmente il sopravvento. «In questa fase della storia l’esercizio della democrazia è molto debole. Quando parlo di fascismo non mi riferisco a fatti concreti, ma a un’attitudine profonda, che inizia dalla mancanza di rispetto», spiega Tosatti, enumerando atteggiamenti che partono dal personale per terminare nella sfera pubblica e politica. «Mi riferisco a coloro che Hermann Broch definiva gli incolpevoli (dal libro col medesimo titolo pubblicato da Einaudi nel 1963, Ndr)», specifica l’artista alludendo a coloro che senza macchiarsi di delitti efferati, conducono le loro vite nell’indifferenza, nell’opportunismo e nella cecità volontaria, permettendo ai fascismi di consolidarsi. «La vera vita è navigare, non galleggiare», conclude.

Roberta Bosco, 04 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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