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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliChe faccia ritorno nella Piazza del Santo, come chiedeva a suo tempo il segretario alla cultura Vittorio Sgarbi per il quale la sua musealizzazione non era da prendere nemmeno in considerazione, non è per niente sicuro. Nemmeno al tempo del Soprintendente Vincenzo Tiné, da poco sostituito nel ruolo a Padova da Marta Mazza, l’ipotesi della musealizzazione permanente era accreditata, ma era stata presentata solo come una necessità temporanea per affrontare il restauro. Ma ora, il fatto che il «modello Marco Aurelio» possa essere applicato anche in questo caso è invece una delle opzioni possibili e caldamente suggerita dal direttore scientifico dei lavori Ugo Soragni, già dirigente generale del Ministero della Cultura.
Per fare il punto sullo stato dei progetti di restauro, i cui tempi non sono ancora stati definiti, per il Monumento al Gattamelata di Donatello a Padova, sul suo stato di salute e sul suo futuro, è stata convocata una conferenza stampa dalla Delegazione Pontificia della Basilica di Sant’Antonio, proprietaria del monumento equestre rinascimentale che ha istituito fin dal 2022 una Commissione di studio in seguito all’allarme lanciato da Italia Nostra per le problematicità evidenziate.
Il punto è stato fatto dopo che cavallo e cavaliere sono stati portati a terra con il supporto di sofisticate tecnologie per controllare eventuali effetti di deformazione dei materiali. I bronzi sono stati ricoverati negli ambienti di quello che un tempo era il Museo Civico Boito dove sarà allestito il laboratorio di restauro: adiacente al complesso della Basilica del Santo, l’edificio si trova «in ottimo stato di salute», è stato rilevato, nonostante il progressivo abbandono dal 1985. Interventi di minima per pulizia e controllo di eventuali distacchi dalle volte sono stati sufficienti per accogliere i bronzi di Donatello, mentre è allo studio l’allestimento di un percorso di visita anche per persone con disabilità.
Un momento dello spostamento del cavallo del Gattamelato di Donatello. © Marco Borrelli
A esprimere il suo parere favorevole sulla musealizzazione e sull’opportunità che il monumento resti in tale sede in via permanente, è stato come dicevamo Ugo Soragni, «per non dover registrare in futuro, che alcuni dettagli decorativi come le tracce di dorature non siano più riscontrabili. Ma la decisione sul destino del monumento dipende anche dalle metodiche che saranno applicate», lasciando intendere che proteggere un’opera come questa dalle aggressioni delle intemperie, comporterebbe anche un costo ingente da affrontare in maniera continuativa. «Il progresso tecnologico, ha suggerito Soragni, consente oggi di realizzare delle copie perfette, e del resto, ha ironizzato, si tratta di un’opera collocata a 13 metri dal piano di calpestio: se anche fosse di cartone nessuno se ne accorgerebbe».
Come ha spiegato il restauratore Nicola Savioli, il trasferimento del Gattamelata al Boito, una volta disarcionato il condottiero, era una mossa imprescindibile per completare le analisi diagnostiche, permettendo di valutarne lo stato dall’interno, e per affrontare le gravi problematicità visibili nel basamento che porta la firma di Donatello: «Già le grammagrafie avevano evidenziato qualcosa di anomalo nei ferri di armatura delle zampe, ora sappiamo che sono stati tagliati e che l’acqua che entra in abbondanza li manda in corrosione provocando aumenti di volume che a loro volta creano pressioni sulle zampe di bronzo». L’acqua entra copiosa in particolare da un buco vicino alla sella che sembra corrispondere a un pentimento di Donatello, un tempo sigillato da qualche materiale, ora scomparso, unico pezzo perso tra i quaranta individuati che compongono l’opera.
La soprintendente Marta Mazza ha sottolineato la metodologia di indagine scientifica con cui è stata svolta tutta la prima fase diagnostica, in collaborazione con l’Icr e con l’Università di Padova grazie alla convenzione con il Ciba (Centro interdipartimentale di ricerca, studio e conservazione dei Beni archeologici, architettonici e storico artistici) diretto da Rita Deiana per la realizzazione di indagini non invasive e interdisciplinari, e ha auspicato un proseguimento su questa linea. Il contributo del MiC per la fase diagnostica, in attesa di essere completata, è stato di 150mila euro: «Presa consapevolezza delle superfici, ha spiegato, sia per quanto riguarda i bronzi che il basamento, sono state fatte analisi statiche per verificare la fattibilità dello spostamento. Ci siamo fatti guidare passo passo dalle risultanze scientifiche, e non sarebbe serio ora definire tempistiche precise: terminata la fase analitica, il restauro potrà attuare una messa a sistema di tutte le conoscenze che a quel punto avremo acquisito, con la responsabilità che un’impresa di questa levatura impone». La parte più cospicua dell’ingente finanziamento necessario al completamento di tutta l’impresa è sostenuta dalle associazioni Save Venice e Friends of Florence.
Il Gattamelata (scomposto) negli spazi dell’ex Museo Civico Boito di Padova. © Nicola Salvioli
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