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Due fotografie di Gabriele Basilico: la città devastata di Beirut nel 1991 e Milano in un’immagine del 1987. Foto: Gabriele Basilico

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Due fotografie di Gabriele Basilico: la città devastata di Beirut nel 1991 e Milano in un’immagine del 1987. Foto: Gabriele Basilico

Gabriele Basilico nella sua Milano, dieci anni dopo

Giovanna Calvenzi, intervistata da Valerio Tazzetti, racconta i nuovi progetti dedicati al maestro del paesaggio urbano

Valerio Tazzetti

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Mi ritrovo nello studio di un grande maestro, Gabriele Basilico, con la sua compagna di una vita, Giovanna Calvenzi, photo editor, curatrice, critica della fotografia e responsabile dell’Archivio, a dialogare sulle importanti iniziative di questa seconda metà del 2023.

Si è da poco conclusa nello Château d’Eau di Tolosa la mostra «Ritorni a Beirut-Back to Beyrouth», progetto a cui Basilico teneva moltissimo e che lei ha completato, raccogliendo e organizzando il lavoro sulla capitale libanese in cui lui è tornato ben tre volte dopo la prima toccante esperienza del 1991. Quest’estate il progetto è in Italia con un nuovo allestimento.

Grazie all’invito di Franco Ferrari, fino all’1 ottobre la mostra è esposta per la prima volta in Italia negli spazi raccolti delle Sale d’Arte della Biblioteca di Alessandria, insieme a venti immagini, per la maggior parte inedite, sulla città piemontese: fotografie realizzate nel 2007 da Gabriele con altri 14 autori, nell’ambito di una missione per la Camera di Commercio di Alessandria, da cui ebbe origine il volume Monferrato senza confini. Una terra meravigliosa, una città amica di cui percepisco affetto ed empatia.

Tutto iniziò nel 1991, quando la Fondazione Hariri invitò un gruppo di grandi fotografi a documentare in totale libertà le condizioni del cuore della città di Beirut, straziata da una guerra durata quindici anni, prima della sua ricostruzione. Basilico era l’unico italiano in compagnia di alcuni mostri sacri della fotografia, quali Robert Frank, René Burri, Josef Koudelka, Raymond Depardon e Fouad Elkoury. Come affrontò questa missione tanto complessa?

All’inizio non sapeva come misurarsi con la distruzione, con questo senso di disperazione, era commosso, quasi confuso. Fino al momento in cui dalla terrazza dell’Hotel Hilton lo scrittore Sélim Nassib gli mostrò una città martoriata, ma non completamente distrutta, come «affetta da una malattia della pelle». Una città malata, ma non rasa al suolo, che poteva risorgere rapidamente. In effetti, nel ritrarre Beirut aveva paura di cedere al «fascino della rovina» e desiderava invece cercare spiragli di vita e di speranza, che si potevano appena intuire.

Scorrendo il volume che narra la storia toccante di un’intera comunità, balzano agli occhi le parole di Basilico: «La pratica del ritornare crea una singolare disposizione sentimentale: come l’attesa per un appuntamento desiderato, un risvegliarsi della memoria per luoghi, oggetti, persone, come se si riaccendesse il motore di una macchina ferma da tempo. Per Beirut è stato anche di più. Erano passati diversi anni e tuttavia ogni volta è stato come se tornassi dopo un tempo immemorabile, un tempo senza tempo che contiene un poco della storia del mondo».

Gabriele ha sempre amato ritornare nei luoghi dove aveva già lavorato per avere un maggior coinvolgimento con la realtà locale, una maggior profondità dello sguardo. A Beirut è tornato la prima volta nel 2003 su richiesta di «Domus» , allora diretta da Stefano Boeri, per testimoniare la ricostruzione della città attraverso vedute urbane corrispondenti alle sue riprese fotografiche del 1991. Poi nel 2008 continuò a fotografare la città, allargando il suo sguardo oltre il perimetro del centro storico. Infine, nel 2009, la Fondazione Hariri decise di lanciare una nuova missione collettiva con l’obiettivo di creare un archivio visivo che testimoniasse l’evoluzione e lo sviluppo della nuova Beirut. Invitò pertanto Fouad Elkoury a coordinare un nuovo gruppo che includeva Klavdij Sluban, Robert Polidori e Gabriele, che tornò in Libano nel 2011. Trovò sconvolta l’iconografia compatta e coerente della vecchia Beirut. 

Passando invece al rapporto di Basilico con la sua amata Milano, che cosa possiamo anticipare delle due grandi mostre coordinate che a partire dal 12 ottobre celebreranno il lavoro sulla città nel decennale della sua scomparsa?

Per la prima volta le istituzioni culturali più prestigiose di Milano, per espressa volontà di Stefano Boeri, presidente di Triennale, e di Domenico Piraina, direttore del Settore Promozione Culturale del Comune di Milano, insieme renderanno omaggio al suo lavoro. A Palazzo Reale, con un allestimento site specific (progetto di Umberto Zanetti, con la collaborazione di Unifor e Viabizzuno) nella Sala delle Cariatidi e nell’attigua Sala del Lucernario, verranno presentate 100 opere di grande formato sulle metropoli del mondo, a cura di Filippo Maggia e della sottoscritta, in cui saranno presenti, tra le altre, immagini inedite di Londra, Liverpool, Boston, Shanghai, Hong Kong e Tel Aviv.

Lo stesso giorno alla Triennale si inaugurerà una grande esposizione dedicata a Milano, composta da 11 sezioni, a partire dalle immagini delle periferie degli anni ’70 fino alle immagini a colori realizzate durante la costruzione del quartiere Porta Nuova tra il 2006 e il 2012, anno in cui Gabriele scattò anche per incarico della Fabbrica del Duomo una serie di immagini dal tetto del Duomo appena restaurato. Gabriele è stato testimone e interprete per oltre quarant’anni dell’evoluzione urbanistica della sua Milano.

Questa esposizione, dallo svolgimento dinamico, con formati fotografici diversi, è nata invece dalla collaborazione con Matteo Balduzzi, curatore del Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo-Milano, che presterà anche tre importanti nuclei di opere che fanno parte delle sue collezioni. Lo stesso Gabriele diceva scherzando di essere affetto da una sorta di «bulimia per il cemento», nel senso di preferire il confronto con le città in espansione, vive, alla staticità delle città storiche e monumentali. Le due grandi esposizioni, accomunate dal titolo «Gabriele Basilico. Le mie città», saranno testimoni dell’appassionata relazione che per tutta la vita lo ha legato al paesaggio urbano. 

Valerio Tazzetti, 02 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

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