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L'altare prenuragico di Monte d'Accoddi in Sardegna

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L'altare prenuragico di Monte d'Accoddi in Sardegna

Finalmente 8,4 milioni per la Sardegna

Stanziati per siti degradati o ancora da scavare

È un importante passo nel futuro per la Sardegna: ha finalmente un Piano di restauri e risanamento dei monumenti minacciati, sparsi in tutta l’isola il cui ricco patrimonio archeologico, in parte poco noto come l’altare prenuragico di 2.800 anni fa di Monte D’Accoddi (Sassari), che ricorda la struttura di una ziqqurat, è in buona parte lasciato al degrado e ai saccheggi, come le estese necropoli del nuorese (Su Predargiu, Su Palu). Sono disponibili subito 8,4 milioni di euro, «finanziamenti e risorse a disposizione per campagne di scavi, restauro di beni archeologici, valorizzazione dei siti e tutela», ha annunciato il 29 ottobre il presidente della Regione Francesco Pigliaru insieme con i rappresentanti delle Soprintendenze, del Mibac e i sindaci dei comuni interessati dagli interventi su 76 tesori di epoca prenuragica, nuragica e medievale. «Finalmente diventa realtà l’imponente potenziale d’arte della Sardegna archeologica. Il nostro patrimonio, troppo spesso abbandonato, sarà subito fruibile con aree archeologiche e cantieri aperti», ha detto Pigliaru.

Tutto è pronto anche per iniziare i lavori: è il più ampio e strutturato piano di scavi archeologici che la regione abbia mai messo in campo. Si torna finalmente a scavare nel sito archeologico, da anni abbandonato, di Santa Teresa di Gallura, scoperto negli anni ’60, che ha già rivelato preziosi reperti. È un intero villaggio nuragico, famoso per la Tomba dei Giganti, nel quale a causa di  detriti, vegetazione e smottamenti si rischiava di perdere un nuraghe a due torri ancora da scavare: al sito sono destinati 80mila euro. Nel piano c’è anche un altro villaggio nuragico, quello di Lu Brandali dove esiste già un centro didattico che espone reperti delle passate campagne di scavo. Verranno valorizzati anche quelli mai visti ora nei depositi: singolare la zanna di cinghiale che arredava un elmo miceneo, scoperta nel 2016. Sono molte e poco note le ceramiche micenee rinvenute negli insediamenti nuragici e viceversa quelle nuragiche trovate  nel mondo miceneo, fino a Cipro.

Nel Campidano, vicino a Oristano, sorge il nuraghe s’Urachi che con le sue 16 torri è uno dei più grandi dell’isola: è stato per decenni (fino agli anni ’30 sepolto e invisibile)  una cava di materiale da costruzione. Senza sorveglianza, preziosi resti nuragici, fenici e romani sono così finiti in edifici moderni. Uno scandalo. Oggi molti nuraghi sono scomparsi ma per altri, ancora da scavare, è in vista la salvezza. L’elenco dei 76 interventi per l’archeologia è consultabile sul sito della Regione Sardegna che, secondo i dati diffusi dal Mibac, è tra le regioni del Paese con elevata crescita nel consumo di beni culturali (+7,6% nel primo semestre 2018) ed è tra le prime dieci Regioni per visite ai siti archeologici. Altra buona notizia annunciata dall’assessore alla cultura Giuseppe Dessena: «Nel bilancio regionale abbiamo 74 milioni di euro alla voce beni culturali, molti già utilizzati per bandi di gestione dei servizi museali, parchi archeologici, eco-musei ecc.». Per l’arte e la cultura della Sardegna un futuro già iniziato davvero promettente.

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Tina Lepri, 22 dicembre 2018 | © Riproduzione riservata

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