Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image
Image

Falomir al Prado: scoprì la Gioconda bis

Roberta Bosco

Leggi i suoi articoli

All’insegna della continuità, Miguel Zugaza, direttore del Museo Nacional del Prado, ha nominato Miguel Falomir (Valencia, 1966), finora incaricato delle collezioni di Pittura italiana e francese, nuovo direttore per la Conservazione e Ricerca. Falomir sostituisce Gabriele Finaldi, braccio destro di Zugaza per più di 13 anni, neodirettore della National Gallery di Londra (cfr. lo scorso numero, p. 23).

«È importante che la scelta sia ricaduta su un dipendente del museo: è un riconoscimento per tutti, soprattutto al lavoro dei conservatori», ha dichiarato Falomir. Zugaza ha sottolineato le capacità del nuovo vicedirettore, ideali per promuovere nei prossimi anni lo sviluppo del Centro Studi e della Scuola del Prado, in vista della celebrazione del bicentenario del museo nel 2019. Falomir è stato responsabile, con le restauratrici Ana González e Almudena Sánchez (sotto la direzione di Enrique Quintana), della scoperta della «Gioconda» del Prado, contemporanea dell’originale del Louvre e probabilmente dipinta da uno degli allievi di Leonardo.

La cosiddetta «Gioconda bis» di LeonardoÈ stato proprio Falomir a rendersi conto che quell’opera conservata in magazzino, deturpata da un fondo nero aggiunto nel Settecento, era legata alla bottega di Leonardo. Da quando il nuovo vicedirettore è arrivato al Prado, nel 1998, i visitatori sono raddoppiati, fino a tre milioni l’anno. «Nessun’altra istituzione è cambiata tanto quanto i musei. Da istituzioni culturali, ora sono motori sociali e turistici. E il Prado, che era considerato il “malato” d’Europa, in questi anni si è trasformato in un riferimento internazionale», afferma Falomir. Per il Prado ha curato mostre come «Da Tiziano a Bassano. Maestri veneziani del Museo del Prado» (1997), «Tiziano» (2003), «Tintoretto» (2007), «Il ritratto del Rinascimento» (2008) e «L’ultimo Raffaello» (2013) e «Le Furie» (2014). «I cambiamenti richiedono tensione intellettuale. Il museo deve essere scientifico o diventerà una specie di Disneyland. Il Prado tuttavia non è stato fatto solo con la ragione, ma anche con il cuore e noi dobbiamo rivendicare questo fattore passionale», ha concluso.

Roberta Bosco, 29 aprile 2015 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Nella Fundació Miró di Barcellona l’artista torinese ha realizzato un’installazione inedita che in autunno sarà trasformata in un parco infantile

Sarà lo Zimbabwe a ospitare nel 2026 la conferenza del Cimam: «Dopo aver colonizzato, l’Occidente non può anche arrogarsi la decolonizzazione: l’Africa deve decidere come farlo, riflettere sul suo passato e creare nuove narrazioni», spiega Raphael Chikukwa, direttore della National Gallery of Zimbabwe di Harare

Nel Padiglione Victoria Eugenia e nel Palau Moja la grande mostra di Manuel Borja-Villel, che combatte le narrazioni coloniali, gerarchiche e anacronistiche del museo enciclopedico

Da sempre al centro delle polemiche, lo spazio privato da un anno e mezzo esponeva la collezione dell’imprenditore Tatxo Benet costituita da opere vittime di censura: da Picasso a Warhol e Mapplethorpe, ad Ai Weiwei

Falomir al Prado: scoprì la Gioconda bis | Roberta Bosco

Falomir al Prado: scoprì la Gioconda bis | Roberta Bosco