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Export: senza motivi lo Stato non blocca più

Se lo Stato non compra, la restrizione all’export non sarà più automatica ma dovrà essere motivata

Emiliano Rossi

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L’articolo 70 del Codice dei Beni Culturali dispone che l’Ufficio esportazione, entro il termine stabilito per il rilascio dell’attestato di libera circolazione e ove non abbia già provveduto sul medesimo, può proporre alla Direzione Generale l’acquisto coattivo del bene, informando della proposta anche la Regione e il privato interessato. In tal caso, il termine per il rilascio dell’attestato è prorogato di 60 giorni. La Direzione Generale, se accoglie la proposta, deve notificare l’acquisto (al prezzo indicato nella denuncia/richiesta di attestato di libera circolazione) entro il termine perentorio di 90 giorni dalla denuncia. Fino alla notifica, l’interessato può ritirare il bene rinunciando all’esportazione.

Accade spesso che le proposte di acquisto non siano portate a termine con esito positivo, per mancanza di disponibilità finanziarie, per necessità di ulteriori approfondimenti scientifici che comportino il superamento del termine perentorio, per l’assenza di un progetto di valorizzazione museale, ecc. La precedente Circolare n. 13 del 2019 dell’ex Direttore Generale Famiglietti, in virtù della funzione di «tutela rafforzata» dell’acquisto coattivo, regolamentava: «Qualora detta proposta non vada a buon fine per ragioni diverse da una differente valutazione tecnico discrezionale compiuta dal Ministero in ordine alla rilevanza dell’interesse culturale della cosa proposta all’acquisto, l’ufficio di esportazione non potrà che confermare la rilevanza dell’interesse culturale della cosa di cui ha proposto l’acquisizione coattiva, vietandone l’esportazione e avviando, contestualmente, il procedimento finalizzato alla dichiarazione di interesse».

Invece la Circolare del Ministero della Cultura n. 1 del 2 gennaio 2023 sui rapporti fra dichiarazione di interesse culturale e acquisto coattivo chiarisce che tale interpretazione della Circolare del 2019 non appare coerente con i principi di cui all’art. 68 del Codice dei Beni Culturali, che impongono che il diniego all’esportazione e il connesso vincolo di interesse culturale siano oggetto di una «motivazione rafforzata» da parametrarsi sulla base della rispondenza del bene ad (almeno) due dei criteri di cui al Decreto Ministeriale n. 537 del 2017 (qualità artistica, rarità in senso qualitativo e quantitativo, rilevanza della rappresentazione, appartenenza a un complesso e/o contesto, testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo, testimonianza di relazioni significativa tra diverse aree culturali anche di produzione e/o provenienza straniera).

La Circolare n. 1 dispone al contrario che le proposte di acquisto coattivo non sono subordinate alla compresenza di (almeno) due di tali criteri di cui al Decreto Ministeriale, ma rispondono alla diversa finalità dell’arricchimento e al completamento delle raccolte pubbliche, anche in rapporto alla congruità del prezzo indicato nella denuncia, e sono perciò inserite in un percorso di valorizzazione. Di conseguenza, anche in linea con alcune decisioni giurisprudenziali in materia e del parere appositamente rilasciato dall’ufficio legislativo del Ministero, la Circolare conclude che, nel caso in cui il Ministero abbia deciso di non esercitare il potere di acquisto coattivo, l’Ufficio esportazione non debba automaticamente procedere al diniego dell’attestato e all’avvio del procedimento di dichiarazione di interesse culturale ma debba valutare, caso per caso, se pronunciare il diniego alla esportazione, con connesso vincolo di interesse culturale, oppure emettere la licenza in applicazione del criteri del Decreto Ministeriale n. 537 del 2017.

Sebbene, purtroppo e sorprendentemente, la Circolare n. 1 non sia esplicita su questo punto, la stessa conclusione dovrebbe logicamente raggiungersi anche nel caso in cui il privato proprietario rinunci all’esportazione e ritiri l’oggetto ai sensi dell’art. 70 del Codice. Occorre infatti osservare che, anche con riferimento a tale ipotesi, la Circolare Famiglietti del 2019 obbligava l’Ufficio esportazione a concludere comunque il procedimento con l’avvio del procedimento di dichiarazione di interesse culturale. In ogni caso, la distinzione resa esplicita dalla Circolare circa la diversità tra i presupposti che giustificano la dichiarazione di interesse culturale ex art. 68 e l’acquisto coattivo ex art. 70 del Codice è un’ulteriore manifestazione di una delle peculiarità del sistema italiano di controllo dell’esportazione rispetto a sistemi di altri Stati, quali la Francia e il Regno Unito, in cui la possibilità dello Stato di escludere l’uscita delle opere è condizionata proprio all’acquisto delle opere «per la Nazione».

Emiliano Rossi è partner dello studio Pavesio e Associati with Negri-Clementi

Emiliano Rossi, 24 aprile 2023 | © Riproduzione riservata

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