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Una veduta della mostra «Enrico Crispolti. La critica in atto», Studio Marco Bertoli

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Una veduta della mostra «Enrico Crispolti. La critica in atto», Studio Marco Bertoli

Enrico Crispolti, critico militante al Museo del Novecento

È la prima tappa di un ciclo espositivo dedicato a critici, curatori e storici dell’arte che hanno interpretato il secolo scorso. Seguiranno Tommaso Trini e Pierre Restany

Gli Archivi «Ettore e Claudia Gian Ferrari» del Museo del Novecento di Milano presentano fino all’11 gennaio 2026 la mostra «Enrico Crispolti. La critica in atto» (monografia Silvana), prima tappa di un ciclo espositivo intitolato «Voci del Novecento» che si propone di rileggere la vita e gli studi di figure eminenti di critici, curatori e storici dell’arte che abbiano saputo interpretare (e spesso modellare) con uno sguardo inedito le vicende dell’arte del ’900. Dopo Crispolti (1933-2018), storico dell’arte, critico militante e docente universitario, il prossimo anno sarà la volta di Tommaso Trini (1937) e, nel 2027, di Pierre Restany (1930-2003). A curare il progetto è stato Luca Pietro Nicoletti (affiancato dall’Archivio Crispolti), che ha voluto porre in evidenza il suo ruolo di compagno di strada di molti artisti (basti pensare a Lucio Fontana e Francesco Somaini, la cui frequentazione rappresentò per lui, per sua ammissione, «una spinta per una maturazione esegetica e metodologica») e critico militante abituato, puntualizza il curatore, a «tenere insieme l’attenzione al presente e la storicizzazione dell’immediato passato: tratti distintivi tanto del suo lavoro di critico quanto di storico e docente».

Anche «l’immediato passato» dunque: come dimenticare, accanto al sostegno agli artisti del suo tempo, l’appassionato lavoro di ricerca intorno al Futurismo e al prediletto Giacomo Balla, cui ha dedicato studi fondamentali e mostre pionieristiche, in anni in cui il movimento ancora subiva l’ostracismo per la sua contiguità (spesso solo temporale) con il fascismo? A provarlo è la mostra «Ricostruzione futurista dell’universo», che Crispolti ordinò nel 1980 alla Mole Antonelliana di Torino, ben sei anni prima che Pontus Hulten «sdoganasse» definitivamente la nostra avanguardia con la grandiosa rassegna «Futurismo & Futurismi» a Palazzo Grassi di Venezia.

Ma i documenti esposti qui, nelle 14 sezioni della mostra del Museo del Novecento, mostrano come i suoi interessi fossero estesi e toccassero fin dagli anni degli studi alla Sapienza di Roma (allievo di Lionello Venturi) figure come Alberto Burri e i citati Fontana e Somaini, e movimenti come l’Informale, la Nuova Figurazione, la Pop Art e l’Arte ambientale, da lui intesa come azione politica e civile. Il tutto mentre dal 1973 al 2005 insegnava nelle Università di Salerno prima e di Siena poi; partecipava alle Biennali di Venezia del 1976, 1977 (la «Biennale del dissenso», per cui curò la sezione «Nuova arte sovietica. Una prospettiva non ufficiale») e 1978, di cui fu anche il commissario del Padiglione Italia. Intanto elaborava un metodo storiografico fondato su grandi cataloghi ragionati, intesi come veri e propri compendi critici, e stimolava il rapporto tra arte, spazio urbano, identità locale, come nella mostra «Volterra ’73», dove gli artisti esponevano in luoghi carichi di memorie di sopraffazione, dall’ex ospedale psichiatrico al carcere di massima sicurezza. Perché, insieme allo studioso, in Enrico Crispolti c’è sempre stato l’uomo dalla forte passione civile: un maestro per più generazioni di artisti e di studiosi.

Enrico Crispolti, Daniel Spouerri e Maurizio Nannucci, Giardino di Seggiano, 1996. © Archivio Enrico Crispolti

Ada Masoero, 28 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Enrico Crispolti, critico militante al Museo del Novecento | Ada Masoero

Enrico Crispolti, critico militante al Museo del Novecento | Ada Masoero