Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Francesca Dini
Leggi i suoi articoliGiovanni Boldini (Ferrara 1842-Parigi 1931), il più grande e prolifico tra gli artisti italiani residenti a Parigi nella seconda metà del XIX secolo, godette in vita di prestigio internazionale. In Spagna egli si recò una prima volta nel 1889 con Degas, circostanza che gli consentì di rinnovare la sua antica ammirazione per Velázquez, e una seconda nel 1914, avendo trovato rifugio a Barcellona quando la Francia entrò nella Grande Guerra.
La poco conosciuta foto che ritrae Boldini nella città catalana nel dicembre del 1915 con Sorolla e altri spagnoli è riproposta nel catalogo di «Boldini y la pintura española a finales del siglo XIX», la prima esposizione mai dedicata al maestro ferrarese in terra di Spagna, a cura della scrivente e di Leyre Bozal Chamorro, in programma alla Fundación Mapfre dal 18 settembre.
La mostra, attraverso le sue 121 opere divise in sei sezioni, non solo ripercorre l’iter di Boldini, presentandolo nella sua interezza dagli esordi macchiaioli alla sua affermazione di ritrattista mondano, ma disvela il filo del costante dialogo intessuto con la civiltà iberica (partendo dal «Generale spagnolo», capolavoro dei suoi anni toscani); un dialogo fatto di incontri occasionali, dai quali scaturiscono talvolta importanti scelte culturali; ad esempio quando il nostro è indotto a superare la iniziale predilezione per Meissonier per avventurarsi nelle aperture esotiche, siano esse orientali o sei-settecentesche, di Fortuny.
Da questa scelta deriverà a Boldini uno sguardo del tutto personale e nuovo sulla metropoli parigina a lui contemporanea, destinato a imporlo nell’immaginario collettivo come il «pittore della vita moderna» tratteggiato da Baudelaire. Boldini e Fortuny, pur desiderandolo, non riuscirono mai a conoscersi di persona. Tuttavia nessun incontro fu mai così importante e incisivo per il maestro italiano.
Nell’avvicinare per la prima volta «Place Clichy», uno dei capolavori di Boldini alla celebre «L’elecció de la model» (Washington, National Gallery) di Fortuny la mostra della Fundación Mapfre connota storicamente il dialogo tra questi due pittori, dialogo che si verificò esclusivamente sulle pareti della quadreria di un raffinato collezionista statunitense, William H. Stewart (al quale i due dipinti appartennero), la cui elegante abitazione parigina ospitava verso il 1870 una straordinaria raccolta di arte contemporanea, soprattutto spagnola.
La mostra madrilena è ricchissima di accostamenti inediti, ad esempio tra le mezze figure di Boldini e quelle di Madrazo e tra le «scène de rue» del nostro («Conversazione al caffè» e «Il dispaccio») e quelle di Román Ribera la cui «Escena de calle» già attribuita all’italiano, viene presentata a Madrid con la corretta paternità. A partire dal 1882 l’amicizia con Sargent, Helleu e Montesquiou induce una nuova evoluzione nell’arte di Boldini.
Anche di questo segmento finale, il più lontano dalle fascinazioni spagnole di cui si è detto, la mostra di Madrid presenta assoluti capolavori quali il «Ritratto di Whistler» (New York, Brooklyn Museum), «Passeggiata al bois» (Ferrara, Museo Boldini) e lo splendido ritratto della danzatrice Cléo de Mérode (1901). Il catalogo presenta oltre ai saggi delle curatrici, scritti di Fernando Mazzocca e di Amaya Alzaga Ruiz (la ricezione dell’arte di Boldini sulla stampa spagnola a lui contemporanea), oltre a un cammeo su William Stewart di Mark A. Roglán.

«Cléo de Merode», del 1901, di Giovanni Boldini (particolare)