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La Casa dell'Amicizia Sino-Sovietica a Shanghai, ora Shanghai Exhibition Centre. © Fayhoo

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La Casa dell'Amicizia Sino-Sovietica a Shanghai, ora Shanghai Exhibition Centre. © Fayhoo

Effetto domino cinese

Il Dragone ridurrà la propria capacità di acquisto nel mercato dell'arte?

Melanie Gerlis

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Una società tecnologica globale può sembrare molto lontana dal mercato dell’arte, ma il debole trimestre di Apple in Cina dovrebbe far scattare l’allarme anche nel nostro mondo. «Non avevamo previsto l’entità della decelerazione economica, in particolare in Cina», ha dichiarato il 2 gennaio il ceo di Apple Tim Cook agli investitori.

A partire dal crollo economico del 2009, gli acquisti dei compratori asiatici hanno mascherato un calo della domanda nel mercato dell’arte, in particolare in Europa, pur alimentando la fiducia altrove, soprattutto negli Stati Uniti. I mercanti di Impressionismo e arte moderna ne sono stati i beneficiari più ovvi, ma anche i venditori di pittura antica olandese, di fotografia del XX secolo e di arte contemporanea hanno segnalato un numero crescente di acquirenti dall’Asia.

Nella prima metà del 2018, il 24% delle vendite globali di Christie si sono concluse con clienti asiatici, mentre nuove fiere di arte contemporanea come Taipei Dangdai, ArtSG e Frieze LA sono state lanciate tutte nel 2019 con l’obiettivo di catturare altri collezionisti asiatici. Dalla sua nomina nel 2013, la spinta del presidente Xi Jinping per frenare l’eccessivo consumismo in Cina ha lentamente ridimensionato quella che allora era un’industria del lusso in forte espansione.

Per i mercanti d’arte al di fuori dei confini cinesi vendere agli acquirenti della Cina continentale è diventato sempre più problematico. «Possiamo dare un po’ di tempo in più per pagare, ma frazionare una vendita su dieci anni non è fattibile», ha confidato un alto dirigente di una casa d’aste. La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e le relative tariffe, che devono ancora essere applicate all’arte, hanno già iniziato a far sentire le loro conseguenze sulla vendita al dettaglio a Hong Kong.

Questo, tuttavia, è ben poca cosa rispetto al pessimismo sulla seconda più grande economia del mondo. La maggior parte degli osservatori si aspetta un ulteriore peggioramento della situazione. Nell’ultimo mese, diversi strateghi bancari hanno usato in relazione alla Cina l’espressione «il peggio deve ancora venire».

Non che le cose vadano meglio altrove. Il parziale blocco delle attività amministrative negli Stati Uniti potrebbe non avere effetti sui ricchi, ma diversi programmi museali finanziati a livello federale sono stati bloccati, cosa che interrompe l’ecosistema dell’arte a un livello fondamentale. Nel Regno Unito e in Europa l’incertezza protratta sulla Brexit, che potrebbe essere dietro l’angolo, sta affossando il commercio in tutti i settori. I consulenti per la gestione patrimoniale dicono che l’arte, come l’oro, diventa più attraente in tempi politicamente incerti.

È una copertura a lungo termine contro l’inflazione e le oscillazioni valutarie e, a differenza della proprietà immobiliare, può seguirti dappertutto. In realtà, tuttavia, pochissima arte è davvero «investment-grade». Nella maggior parte dei casi è una scommessa, e in una fase di tali e tante incertezze i ricchi non sono molto inclini al rischio. La mia impressione è che molti di loro avranno altri acquisti in mente quest’anno al posto dell’arte.

La Casa dell'Amicizia Sino-Sovietica a Shanghai, ora Shanghai Exhibition Centre. © Fayhoo

Melanie Gerlis, 21 febbraio 2019 | © Riproduzione riservata

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