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Sofiya Chotyrbok, «What Echoes Remains»

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Sofiya Chotyrbok, «What Echoes Remains»

È tempo di Liquida Photofestival

Il meglio della nuova edizione del festival fotografico torinese targato Paratissima, in scena a Torino fino all'11 maggio

Valerio Veneruso

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Che la città di Torino sia diventata la capitale nazionale della fotografia è ormai un dato di fatto. Oltre alla presenza di centri espositivi esclusivamente dedicati all’arte fotografica, quali Gallerie d’Italia e Camera, a confermare questo titolo prestigioso sono tre eventi che, nel mese di maggio, viaggiano parallelamente: una fiera (The Phair), e due rassegne, Exposed e Liquida Photofestival

Proprio quest’ultima, che giunge alla IV edizione, ha aperto i battenti giovedì 8 maggio presso la suggestiva sede del Polo del ‘900 e sarà visitabile fino a domani. Curata ancora una volta dalla sua fondatrice, Laura Tota, la kermesse di quest’anno si avvale del titolo «Il giorno in cui ricorderò» per tessere un filo conduttore che, fra talk, mostre e progetti editoriali, indaga principalmente i concetti di memoria e di identità. 

Anthon Bou, It’s in their eyes

Il progetto espositivo più interessante

Dei vari progetti espositivi presentati in occasione di Liquida, il più accattivante è sicuramente «One Shot»: la selezione di opere dedicate alle migliori proposte scelte da esperti e addetti del settore. Diretti, freschi, e sinceri, i lavori di questa prima sezione offrono degli sguardi interessanti nei confronti della realtà che circonda i loro autori: un approccio genuino ma ragionato che prende le distanze da quel lieve sapore naive che purtroppo sembra attraversare l’intera rassegna. 

La conoscenza dell’altro – che sia un animale, una persona amica, o qualcosa di soprannaturale – viene qui affrontata in maniera attenta e delicata. Fra i dieci artisti in mostra segnaliamo gli scatti di Chiara Tancredi, Anton Bou, Ronya Hirsma, Antonella Castelnuovo, e Gerasimos Platinas.

 

Julia Bohle, Inner Landscapes

Miglior artista emergente

Vincitrice del Liquida Winter Edition Prize 2024, con il ciclo Inner Landscapes, la giovane artista tedesca Julia Bohle conquista anche noi. Attraverso una serie di quattro immagini digitali che partono dal fascino verso la notte e l’oscurità ci viene dato libero accesso a tutto il suo lato più intimo. In un attraente contrasto fra bianchi, dati dal flash della fotocamera, e neri che diventano ombre si alterna il soggetto di un guanto nero in lattice che, impregnato di qualche sostanza viscosa, si staglia su di un rosso particolarmente acceso. L’effetto d’insieme cattura inevitabilmente l’occhio dello spettatore trasmettendo sensazioni inquietanti e al contempo familiari che invitano a un certo lavoro di introspezione. 

 

Miglior progetto sommerso

Fatta eccezione per Julia Bohle e qualche altro autore (tra i quali Primo Vanadia, Carmen Woreth, Yuehan Hao e Lorenzo Gonnelli), l’esposizione principale, dedicata alla fotografia emergente, non offre particolari sorprese. Rimanendo nel tema della liquidità, più che di artisti emergenti in alcuni casi ci si ritrova ad assistere a veri e propri inabissamenti. Si tratta di una sensazione che scaturisce non solo dalla presenza di opere «anonime» i cui soggetti sono più che abusati (nudi, natura morta, etc.) ma soprattutto dall’osservazione di tecniche che che rimandano a un approccio accademico, una su tutte la cianotipia. A destare ulteriori perplessità è inoltre la selezione di un artista del 1947 (Alberto Rava) che porta automaticamente a chiederci quanto tempo sia necessario per emergere artisticamente nel nostro Paese.

 

Liquida Photofestival, Varvara Uhlik. Ph. Vincenzo Parlati

Conflitti di identità

La mostra «What Echoes Remain - Fotografie e archivi tra Palestina, Ucraina e identità contese», presenta il lavoro, tra gli altri, di due artiste ucraine che tramite occultamenti e offuscamenti di volti indagano la nebulosità di un retaggio culturale sviluppatosi in piena era post-sovietica. Grazie a immagini dal forte impatto visivo e a un allestimento che si distingue dagli altri, Sofya Chotyrbok e Varvara Uhlik portano avanti un discorso che ci parla di passato, di presente, e di oblio.

 

Un potente progetto editoriale

Conflitti e identità violate sono al centro anche della gran bella pubblicazione What’s Ours, della fotografa libanese Myriam Boulos, edito dalla casa editrice statunitense Aperture. Inserito all’interno del progetto dedicato al mondo dell’editoria, EdiTable (a cura di Vittoria Fragapane), il volume rivela una sorprendente commistione tra emancipazione e protesta attraverso scatti irriverenti dove la tensione si fa palpabile. In un’energetica alternanza fra i ritratti di amici, parenti, e forze dell’ordine, si snoda così una narrazione unica ma sfaccettata che attraversa le rivolte del 2019 in Libano contro l’austerità e la corruzione del governo tragicamente culminanti nella sconvolgente esplosione del porto di Beirut nell’agosto 2020. 

 

Valerio Veneruso, 10 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

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