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Un particolare dell’affresco dei «Fatti dell’Anticristo» di Luca Signorelli nella Cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto

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Un particolare dell’affresco dei «Fatti dell’Anticristo» di Luca Signorelli nella Cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto

Due precisazioni su celebri opere della pittura rinascimentale

Chi è il monaco che accompagna l’autoritratto a figura intera di Luca Signorelli nell’affresco dei «Fatti dell’Anticristo» nella Cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto?

Gian Paolo Lusetti

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Vorrei proporre due precisazioni su celebri opere della pittura rinascimentale. Chi è il monaco che accompagna l’autoritratto a figura intera di Luca Signorelli nell’affresco dei «Fatti dell’Anticristo» nella Cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto? Secondo una vecchia tradizione, accolta da gran parte degli esperti di Signorelli, sarebbe il Beato Angelico, il pittore che, alcuni decenni prima del maestro cortonese, aveva iniziato l’affrescatura della Cappella partendo dalle vele della volta e lasciando presto il lavoro interrotto.

In alternativa è stata avanzata l’ipotesi del ritratto di qualche teologo di ambito domenicano, ispiratore del programma iconografico illustrato da Signorelli sulle pareti della cappella. Recentemente l’identificazione con Beato Angelico è stata riaffermata da Tom Henry nel saggio Gli gettò addosso il suo mantello, pubblicato nel catalogo della mostra perugina di Signorelli (Silvana Editoriale, 2012). Scrive Henry a pag. 143: «La figura a destra indossa una berretta nera e un abito monacale su una cotta bianca: non v’è dubbio che si tratti di un frate domenicano». E poco oltre (pag. 149): «… in compagnia di Beato Angelico a celebrare il successo del momento e l’ispirazione testuale e artistica di Signorelli».

L’identificazione con il Beato Angelico va invece senz’altro esclusa: la presenza del nero e del bianco ha tratto in inganno tutti gli studiosi del cortonese. Infatti l’abito del monaco non è, come sempre asserito, domenicano, bensì agostiniano. Le maniche sono nere: se l’abito fosse domenicano sarebbero bianche, dato che i domenicani di nero hanno soltanto la cappa.

La presenza della stoffa bianca visibile verso il basso si spiega con il fatto che gli agostiniani, sotto la tonaca nera, indossavano una sottoveste bianca, che talvolta i pittori raffiguravano fuoriuscente, come dimostrano le seguenti opere: i santi agostiniani dipinti da Albertino Piazza nel «Polittico Galliani» (Lodi, Chiesa di Sant’Agnese); il san Nicola da Tolentino (sempre erroneamente identificato con il domenicano Tommaso d’Aquino, ma le maniche nere e la cintura di cuoio rivelano l’abito agostiniano) dipinto da Marco d’Oggiono nel «Polittico Crespi» (Blois, Musée des Beaux-Arts); il «San Nicola da Tolentino con sant’Egidio» di ignoto pittore zenaliano (Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco, inv. 366/2); la predella dipinta dallo stesso Signorelli con «I santi Agostino e Attanasio con Abramo» (Bucarest, Muzeul de Arta). Le ricerche sull’identità dell’accompagnatore di Signorelli andranno perciò indirizzate verso i teologi e trattatisti agostiniani (Egidio da Viterbo?).

Galeazzo Sanvitale nel ritratto dipinto dal Parmigianino (Napoli, Museo di Capodimonte) esibisce con la mano destra una medaglia sulla quale è inciso il numero 72. Sul significato di tale numero sono state date svariate interpretazioni: alcune cervellotiche, tutte poco convincenti. La soluzione sta in un versetto del Vangelo di Luca (10,1) in cui si afferma che, in un determinato momento della predicazione di Cristo, il numero dei seguaci di Gesù, a parte gli apostoli, era di 72. Sanvitale mostra il numero 72 dei cristiani e ha accanto a sé le armi e l’armatura: ha voluto essere raffigurato come cavaliere cristiano. Parmigianino dipinse il ritratto nel 1524: ricordo che vent’anni prima Erasmo da Rotterdam aveva pubblicato il Manuale del cavaliere cristiano.
 

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Gian Paolo Lusetti, 27 aprile 2023 | © Riproduzione riservata

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