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Sul fronte della digitalizzazione nei musei italiani è cambiato assai poco dal boom digitale «imposto» dal Covid-19

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Sul fronte della digitalizzazione nei musei italiani è cambiato assai poco dal boom digitale «imposto» dal Covid-19

Digitalizzazione: seconda inchiesta sui 43 musei statali autonomi

È cresciuta la capacità di intercettare con il web nuovi pubblici, fidelizzare e interagire, ma solo il 7% utilizza la realtà virtuale e solo 3 musei hanno il sito tradotto in tedesco (principale mercato)

Marta Paraventi

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Nel maggio 2021 «Il Giornale dell’Arte» pubblicava la prima ricerca nel nostro Paese dedicata all’analisi dei servizi digitali dei musei e parchi archeologici dotati di autonomia speciale, riscontrabili esclusivamente sulla base del sito web e dei social media di proprietà. Quella che segue è una lettura dei dati della nuova ricerca curata dall’Osservatorio Digitale per evidenziare che cosa sia cambiato in due anni e mezzo ma anche per verificare se dai siti web emerga o meno l’attenzione anche verso nuovi strumenti e servizi al pubblico.

È dunque migliorata la capacità dei più importanti musei italiani di utilizzare il web per intercettare nuovi pubblici, fidelizzare quelli ottenuti e interagire con l’utente? Proviamo a rispondere entrando nel merito di ogni singolo indicatore di performance («kpi», come tecnicamente dovremmo chiamarlo; grafico 1).
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I dati positivi
Partiamo dai dati migliori (come lo erano già nel 2021). Il 79% dei musei permette l’acquisto dei biglietti sul sito o su piattaforme esterne a cui si può accedere dal sito stesso; l’86% ha una sezione eventi che aggiorna l’utente sulle iniziative in programma e ben il 91% aggiorna il sito con news sulle novità espositive o su altre informazioni pertinenti al proprio sistema di riferimento. È raddoppiato il numero dei musei che si avvalgono dello shop online per vendere merchandising e pubblicazioni (dal 6 al 14%). In merito a nuovi indicatori indagati rispetto al 2021, un buon 74% fornisce indicazioni sull’accessibilità, il 93% pubblica informazioni sulle modalità di visita al museo e il 23% apre la propria homepage con un video, uno dei mezzi attuali di marketing vincenti per coinvolgere l’utente.

Altri indicatori, invece, risultano sostanzialmente invariati a distanza di oltre due anni e mezzo, che nel digitale corrispondono a un’era. Il 70% dei musei ha una sezione dedicata alle proprie collezioni (su questo occorrerebbe fare un focus ad hoc perché sono assai eterogenee le modalità di catalogazione e restituzione dei dati anche visivi); il 44% permette al navigatore web di iscriversi alla newsletter, servizio che consente di monitorare i dati degli utenti (strumento essenziale per attuare una strategia vincente di digital marketing), coinvolgerli e fidelizzarli per renderli reali «ambassador» del museo. Il 42% dedica pagine ai servizi educativi online, ma la percentuale è esattamente la stessa della scorsa ricerca dove, lo ricordiamo, la pandemia del Covid-19 aveva «imposto» un rapporto online con le scuole e gli operatori della formazione; la stessa percentuale è quella dei musei dotati di apposita area press da cui scaricare e utilizzare materiale specifico.

E quelli negativi
Veniamo ora ai dati negativi. L’area blog o magazine risulta tuttora marginale: solo il 16% ne è dotato e questo indica che il team redazionale deputato a news ed eventi non utilizza questi contenuti per creare strategie di digital marketing e fare storytelling, permettere all’utente di commentare o pubblicare articoli di firme note nel settore, insomma connotare il sito di uno stile meno «Wikipedia» e più di narrazione e interazione. Solo il 12% dei musei si avvale del virtual tour; il 7% utilizza la realtà virtuale o in 3D (che a differenza del virtual tour crea un’esperienza molto più immersiva, affascinante e attiva); il 19% dei musei è presente su Google Arts e pubblica mostre virtuali; il 12% ha un altro sito o sottodominio «full digital»; il 5% utilizza l’intelligenza artificiale per interagire con l’utente attraverso chat bot.

Tra i nuovi servizi digitali indagati figurano i seguenti: il 16% dei musei ha uno spazio dedicato ai podcast; il 5% ha una sezione rivolta alla sostenibilità sia come valore da comunicare sia come azioni intraprese; il 16% ha uno spazio tutto rivolto ai bambini per stimolarli alla visita e far comprendere a genitori o insegnanti quali servizi all’interno siano dedicati a loro. Sono dati che rivelano come la nuova frontiera del digitale, ma soprattutto il futuro del rapporto con il pubblico, non sia una partita ancora del tutto avviata. Lontanissima quindi dall’essere vinta.
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Internazionali e social
Merita una riflessione a parte lo stato in cui versa l’internazionalizzazione dei nostri musei (grafico 2). Il 70% traduce il sito in lingua inglese ma solo 3 musei su 43 in tedesco (come sappiamo il primo mercato turistico in Italia), 6 in cinese, 4 in francese, 3 in russo e ancora meno in altre lingue. Insomma, una nota di provincialismo che negli anni non è cambiata nonostante i molti direttori non italiani di questi musei. Tra i social media, oltre alle consolidate presenze su Facebook per il 98% dei musei, Instagram per il 93%, YouTube per il 91% e X (già Twitter) per il 77%, un notevole aumento si registra per TikTok oggi utilizzato dal 21% a differenza dell’8% dell’indagine 2021 e Linkedin al 16% contro l’8%. Pinterest come prima è utilizzato dal 26% dei musei (grafico 3).
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Veniamo alle performance sulle attività di social media marketing. Sommando il totale dei follower di ogni social (grafico 4), non troppo sorprendentemente la classifica attesta al primo posto le Gallerie degli Uffizi con oltre 1 milione di seguaci, seguite dal Parco Archeologico di Pompei con 780mila. A grande distanza ci sono poi la Reggia di Caserta con 334mila, la Galleria Borghese con 248mila e quinta la Pinacoteca di Brera con 225mila follower. Se il numero dei follower ci indica la reputazione del brand, è l’engagement (interazione degli utenti attraverso like, commenti, condivisioni) che ci restituisce il reale valore della strategia adottata (grafico 5). L’Osservatorio Digitale ci fornisce il dato complessivo per Facebook, Instagram e X, che classifica Pompei con oltre 747mila interazioni negli ultimi tre mesi (da metà settembre a metà dicembre), seguita da Uffizi, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Parco Archeologico di Paestum e Galleria Nazionale dell’Umbria.
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A loro il riconoscimento per aver compreso come il rapporto con l’utente vada coltivato attraverso un piano editoriale costante e soprattutto la pubblicazione di contenuti che intercettano interesse e creano empatia, generando un rapporto attivo e non passivo da parte dell’utente. Piuttosto impressionante il numero dei post pubblicati (stessi social e stesso periodo) dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e il Museo Archeologico di Napoli: oltre 400! Tornando ai dati sull’engagement, da segnalare le performance della Galleria dell’Accademia di Firenze su Facebook, degli Uffizi su Instagram e di Pompei su X. Quest’ultimo possiede il canale YouTube con il maggior numero di iscritti (9.910, una cifra molto bassa rispetto ad altri musei stranieri) mentre è la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma a vantare il numero di follower più alto su Linkedin (5.500). Brera ha la leadership su Pinterest (717) e gli Uffizi (170.400) su TikTok.
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Quaranta più tre
Ai 40 soggetti indagati nel 2021 sono stati aggiunti il Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia, il Parco Archeologico di Sepino e la Pinacoteca Nazionale di Siena. Non è stato inserito il Museo Nazionale dell’arte digitale (Mad) di Milano perché privo di sito web e di attività, essendo tuttora in corso la sua costituzione. Rispetto al 2021 l’analisi ha preso in esame anche: presenza di sito «full digital», chatbot, podcast, Google Arts e mostre virtuali, realtà aumentata, realtà virtuale e 3D, accessibilità, informazioni per la visita, video in home page, sezione bambini, sostenibilità, area press. Le attività di social media sono state monitorate dal 16 settembre al 14 dicembre 2023.

Solo quattro digitali
Nel 2021 solo Pinacoteca di Brera a Milano e Musei Reali di Torino si erano dotati di un sito web parallelo al sito informativo ed esclusivamente dedicato al digitale (inteso quindi come vero e proprio palinsesto complesso e articolato destinato alla valorizzazione dei contenuti e delle collezioni attraverso forme e linguaggi propri del digitale, per una consapevole fruizione del patrimonio del museo solo in modalità online), mentre il Parco Archeologico del Colosseo aveva aperto nel sito una sezione interamente dedicata al digitale. L’indagine 2023 ha registrato due nuovi musei che hanno aperto piattaforme esclusivamente digitali: la Galleria dell’Accademia di Firenze e il Parco Archeologico dell’Appia Antica a Roma.

Adolescenti, studiosi e Tour operator
L’unico museo con una sezione Teens, destinata agli adolescenti, è la Galleria dell’Accademia di Venezia; gli Uffizi oltre ad aver sviluppato una curata sezione Accessibilità ne ha una rivolta esclusivamente agli studiosi. Il Museo Archeologico Nazionale di Taranto è l’unico che ha una sezione dedicata ai Tour operator.

Marta Paraventi, 27 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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