Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Diane Arbus, «Lady bartender at home with a souvenir dog, New Orleans, La», 1964 (particolare)

© The Estate of Diane Arbus, Collection Maja Hoffmann/Luma Foundation

Image

Diane Arbus, «Lady bartender at home with a souvenir dog, New Orleans, La», 1964 (particolare)

© The Estate of Diane Arbus, Collection Maja Hoffmann/Luma Foundation

Diane Arbus a Berlino: la potenza di uno sguardo che non svanisce

Dopo essere stata presentata al Luma Arles e alla Park Avenue Armory di New York, la mostra dedicata alla fotografa statunitense approda al Gropius Bau in una forma ampliata e immersiva

Dal 16 ottobre al 18 gennaio 2026, il Gropius Bau di Berlino ospita «Diane Arbus: Konstellationen», la più ampia retrospettiva mai dedicata alla celebre fotografa americana. Un labirinto di immagini che sfidano convenzioni e interrogano lo sguardo del visitatore.

Diane Arbus (1923-71) è stata una delle figure più dirompenti e influenti della fotografia del XX secolo. Le sue immagini in bianco e nero, intense e spesso disturbanti, hanno ridefinito il modo in cui guardiamo il mondo e le persone che lo abitano. Con la mostra «Diane Arbus: Konstellationen», il museo rende omaggio a questa pioniera dello sguardo, riportando a Berlino, a 13 anni dalla sua prima personale nella stessa sede, un corpus di opere di straordinaria potenza espressiva. Dopo essere stata presentata al Luma Arles e successivamente alla Park Avenue Armory di New York, la mostra approda ora nella capitale tedesca in una forma ampliata e immersiva: 454 fotografie, molte delle quali inedite, raccolte in una scenografia labirintica fatta di pareti nere a griglia, progettata per stimolare un’esperienza visiva non lineare. Niente cronologia, niente temi rigidi: ogni visitatore è invitato a perdersi tra le immagini, seguendo connessioni impreviste, riflessi, risonanze.

«Le fotografie sono la prova che qualcosa c’era e ora non c’è più. Come una macchia. E la loro immobilità è sconcertante. Puoi voltarti, ma quando torni saranno ancora lì a guardarti». Con queste parole, la stessa Arbus descriveva la forza inquietante del mezzo fotografico. La sua opera, realizzata prevalentemente tra la fine degli anni ’50 e il 1971, è un viaggio nell’America del dopoguerra, tra i margini e il quotidiano, il bizzarro e il familiare. Bambini, coppie, artisti di circo, famiglie suburbane, performer drag, intellettuali e celebrità come Susan Sontag, Mae West o James Brown: ogni soggetto ritratto da Arbus diventa un frammento di una più ampia e profonda indagine sull’identità, la solitudine, l’alterità. Un punto di svolta nella sua carriera fu l’abbandono della macchina fotografica 35 mm in favore di un formato medio, che le consentiva di scattare mantenendo il contatto visivo con i soggetti. Questa scelta, più che tecnica, fu etica e relazionale: le immagini che ne risultano sono cariche di una tensione intima, diretta, spesso destabilizzante.

Curata da Matthieu Humery e organizzata dal Luma in collaborazione con il Gropius Bau, la mostra rappresenta anche un tributo all’eredità visiva di Arbus. Tutte le fotografie esposte sono state stampate dal fotografo Neil Selkirk, uno dei suoi ex allievi e ancora oggi l’unica persona autorizzata a stampare i suoi negativi originali. «Konstellationen» è quindi anche una ricostruzione filologica e affettiva del suo archivio, una costellazione appunto, di visioni e sguardi sospesi nel tempo.

Tra i pezzi forti dell’esposizione spicca «A box of ten photographs», un portfolio ideato da Arbus nel 1969, composto da dieci immagini iconiche. Ne fanno parte scatti ormai entrati nella storia della fotografia, come «Identical twins, Roselle, N.J.», 1967, o «Boy with a straw hat waiting to march in a pro-war parade, N.Y.C.», 1967. Prima della sua scomparsa, Arbus riuscì a completare otto esemplari del cofanetto, venduti a figure di spicco dell’arte e della cultura americana, tra cui Richard Avedon e Jasper Johns.

«Se mi trovo davanti a qualcosa, invece di sistemarlo, sistemo me stessa». Questa dichiarazione riassume perfettamente l’approccio dell’artista: non manipolare la realtà, ma porsi in relazione con essa, accettando la sua complessità, il suo dolore, la sua verità. È questo che rende le sue fotografie ancora oggi così attuali, così urgenti. Come sottolinea la direttrice del Gropius Bau, Jenny Schlenzka, «le sue opere hanno contribuito in modo determinante al riconoscimento della fotografia come forma d’arte e alla sua esposizione nelle grandi istituzioni. Arbus ha influenzato generazioni di artisti. È una grande gioia rendere accessibile il suo lavoro a un pubblico locale e internazionale».

Diane Arbus, «Untitled (4)», 1970-71. © The Estate of Diane Arbus, Collection Maja Hoffmann/Luma Foundation

Chiara Caterina Ortelli, 13 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Diane Arbus a Berlino: la potenza di uno sguardo che non svanisce | Chiara Caterina Ortelli

Diane Arbus a Berlino: la potenza di uno sguardo che non svanisce | Chiara Caterina Ortelli