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Una veduta di Valparaíso, vivace città portuale cilena affacciata sull’Oceano Pacifico

Foto Paula Soler-Moya via Flickr

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Una veduta di Valparaíso, vivace città portuale cilena affacciata sull’Oceano Pacifico

Foto Paula Soler-Moya via Flickr

Destinazione Valparaíso: un nuovo museo dell’immigrazione in Cile

L’eredità degli immigrati nel Paese sudamericano prende vita in una ex scuola dell’800. Finanziato da un imprenditore locale, il progetto racconta le storie dei tanti gruppi etnici che hanno contribuito a plasmare la pittoresca città portuale affacciata sul Pacifico

Sofie B. Ringstad

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Aprirà i battenti alla fine di quest’anno, nella pittoresca città costiera cilena, Destino Valparaíso (Destinazione Valparaíso), un nuovo museo dedicato alla storia dei primi immigrati in Cile. Il museo sarà ospitato in un edificio di fine Ottocento, già sede del Colegio Alemán, la scuola tedesca. Il suo fondatore, Eduardo Dib, spera di riportare in vita la storia integrando nella programmazione del museo tecnologia, spettacoli ed esperienze culinarie. Il nome ufficiale del museo, Destino Valparaíso-Museo del Inmigrante, rimanda ai drammatici viaggi dei primi immigrati in Cile, che all’inizio dell’Ottocento affrontarono pericolosi viaggi via mare in cerca di una nuova casa. La stessa Valparaíso era una destinazione ancora da costruire, ed è stata plasmata dalle loro mani.  

«Intraprendere quel viaggio era un atto di coraggio senza pari, riconosce Dib, originario di Valparaíso, proprietario di una florida azienda di mobili e filantropo cui si deve l’intero finanziamento del progetto museale. Quelli erano dei veri pionieri». Lui stesso è figlio di immigrati (padre libanese e madre siriana), ma, sottolinea, il museo non riguarda la storia della sua famiglia o l’immigrazione più recente in Cile. «È davvero la storia della fondazione di una città, di un Paese, racconta. È questo ciò che vogliamo trasmettere al pubblico».

Quando i colonizzatori spagnoli sbarcarono per la prima volta sulle sue coste, l’attuale regione di Valparaíso era abitata dal popolo Picunche, che parlava la lingua Mapudungun. (A differenza dei Mapuche, che oggi costituiscono circa il 10% della popolazione cilena, i Picunche non sono sopravvissuti all’epoca coloniale come gruppo indipendente). In seguito Valparaíso è stata un porto fondamentale per la tratta transatlantica degli schiavi, sebbene questi vi arrivassero in numero molto inferiore rispetto alla costa atlantica del continente.

 Nel 1811 Valparaíso divenne un porto franco e migranti britannici e spagnoli cominciarono ad affluirono nell’allora colonia spagnola. Dopo la scoperta del salnitro (nitrato di potassio) nel nord del Paese, furono raggiunti da folle di immigrati, provenienti dall'Europa e dal Medio Oriente, che avrebbero costituito la spina dorsale della fiorente industria dell’«oro bianco». L'afflusso di immigrati ha dato origine al caratteristico paesaggio urbano labirintico di Valparaíso, con case variopinte, funicolari intricate e sistemi di ascensori aggrappati alle scogliere del Pacifico. Il trambusto e l'energia della città sono catturati nella poesia di Pablo Neruda Ode a Valparaíso (1954), che inizia con i versi: «Valparaíso / Che assurdità / Che sei / Che pazzo / Pazzo porto».

«Questo museo non potrebbe esistere in nessun’altra città, riflette Dib. Francesi, tedeschi, italiani, arabi: tutti sono arrivati a Valparaíso. È l'epicentro della storia pionieristica dell’immigrazione in Cile». Abbarbicato alla cima di una delle numerose colline della città, il museo avrà sede nello storico Colegio Alemán de Valparaíso. Costruito nel 1890 e successivamente ampliato, l’edificio ha ospitato la scuola tedesca fino al 1988. Diversi altri istituti scolastici vi hanno operato fino al 2015, quando è stato ufficialmente designato monumento culturale. Nel corso degli anni l’imponente struttura ha resistito a numerosi terremoti. Pur conservando il suo fascino architettonico originario, l'ex scuola è stata sottoposta a importanti lavori di ristrutturazione in vista della sua nuova funzione. E nonostante sembrasse destinato a diventare un museo, Dib sottolinea che la sua visione per Destino Valparaíso risale a prima dell’acquisto dell’immobile, nel 2016, da parte della sua famiglia.

 

Un focus multimediale

«Un edificio come questo comporta grandi responsabilità, riconosce Dib. Quando l’abbiamo rilevato, era praticamente distrutto. Abbiamo dovuto demolire e ricostruire aree considerevoli e restaurare il resto. Senza contare che l'abbiamo dotato di ascensori, sistemi audiovisivi all’avanguardia e così via, soddisfacendo gli standard e i requisiti di un edificio moderno».

Le mostre multimediali saranno un pilastro della programmazione di Destino Valparaíso, che presenterà le storie degli immigrati del Paese attraverso 22 «stazioni» tematiche, con sale dedicate a specifiche comunità di migranti, tra cui quelle araba e spagnola. Al centro dell’esperienza del pubblico ci saranno schermi integrati e audio per trasmettere queste storie. «Non saremo un museo tradizionale, spiega Dib, che definisce secondari gli oggetti del museo rispetto al materiale multimediale. Si tratta piuttosto di raccontare le storie delle persone che hanno costruito Valparaíso, a partire dai luoghi da cui sono emigrati. Le storie inizieranno nei porti europei, come Genova, Amburgo, Calais e Liverpool, per poi proseguire con il loro viaggio fino all’arrivo in questa città, che essi stessi hanno iniziato a costruire, fino alla fine della seconda guerra mondiale».

I percorsi espositivi avranno il loro culmine nel «fiore all’occhiello dell’edificio: una sala teatrale in stile coloniale tedesco perfettamente conservata, annuncia Dib. È una sala che potrebbe benissimo trovarsi in una qualsiasi città europea». Il teatro, in parte restaurato, presenta nella parte superiore della sala stemmi dipinti originali di diverse regioni della Germania.

La ricerca e la curatela di Destino Valparaíso hanno richiesto anni di lavoro. Sono stati raccolti meticolosamente documenti storici, reperti e testimonianze personali per fornire un resoconto completo della storia dell’immigrazione in Cile. «Non abbiamo altri musei sull’immigrazione in Cile e Valparaíso non ha un museo sulla storia della propria città, spiega Dib. Stiamo colmando una lacuna e lo stiamo facendo all'interno di un importante patrimonio culturale».

Dell’ex edificio scolastico circa 1.800 metri quadrati saranno destinati alle mostre permanenti, mentre 3.200 metri quadrati saranno variamente dedicati alla missione di Destino Valparaíso. «È molto più di un museo, rimarca Dib, sottolineando che l'edificio ospiterà una panetteria che rievoca i sapori dell’Europa centrale, una birreria tedesca e un ristorante italiano». Ci saranno anche negozi dove i visitatori potranno acquistare dolci e souvenir legati all’epoca della prima migrazione in Cile. Inoltre, l’edificio avrà due sale per conferenze e un belvedere con vista panoramica sulla città portuale.

«Vogliamo che le persone vengano a godersi la storia come un’esperienza, chiosa Dib. In un museo tradizionale si va una volta, due volte. Destino Valparaíso sarà un punto di riferimento per esperienze, arte, teatro, musica, cibo, coinvolgendo i visitatori nella storia dell’immigrazione».

Eduardo Dib all’interno dello storico edificio del Colegio Alemán de Valparaíso, che sta trasformando in un museo dell’immigrazione. Courtesy Destino Valparaíso

Destino Valparaíso, un nuovo museo che esplora i primi anni dell’immigrazione in Cile, occuperà un edificio del 1890 nella vivace città costiera. Courtesy Destino Valparaíso

Sofie B. Ringstad, 27 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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