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Kabir Jhala
Leggi i suoi articoliIn dicembre è prevista l’apertura, negli spazi della biblioteca Dara Shikoh del XVII secolo, del tanto atteso Partition Museum di Delhi, più volte rimandato e che ora inaugurerà con un ritardo di quattro mesi dal 75mo anniversario della spartizione dell’India. Nessuna città ha sentito quanto Delhi l’impatto della spartizione dell’agosto 1947, che seguì la fine del dominio coloniale britannico in India. La capitale indiana accolse più di mezzo milione di sfollati all’epoca, mentre centinaia di migliaia di cittadini partirono per il neonato Pakistan, nell’ambito del più grande spostamento di persone della storia e della successiva formazione delle nazioni indipendenti di India, Pakistan e poi Bangladesh.
La capitale Delhi, però, non ha mai avuto fino ad ora un’istituzione culturale dedicata a raccontare la storia della partizione della città. Il nuovo centro sarà un partner del Partition Museum di Amritsar, nello Stato settentrionale del Punjab. La sua creazione non è stata facile. La seconda ondata di Covid-19 nel marzo 2021 ha avuto un impatto devastante sulla società indiana, tanto che in aprile il Paese aveva il più alto numero di casi al mondo. I livelli di inquinamento hanno indotto il governo di Delhi a vietare temporaneamente i grandi progetti edilizi, per cui i lavori per il museo, iniziati nel 2020, sono stati sospesi per oltre un anno. Il restauro dell’edificio si è quindi completato solo nell’agosto di quest’anno.
«Abbiamo perso molte persone durante la seconda ondata, compresi i donatori e i sopravvissuti alle partizioni», afferma il presidente del museo, Kishwar Desai. «Ora vogliamo aprire questo museo il prima possibile. Per noi è importante che il maggior numero di testimoni oculari, la maggior parte dei quali ha oggi tra 80 e 90 anni, possa essere presente all’inaugurazione. Questo museo riguarda i loro racconti e le loro esperienze».
Il museo di Amritsar, inaugurato nel 2017 e composto da 14 sale, racconta la storia della spartizione nell’intero subcontinente. Ma il museo di Delhi, che è notevolmente più piccolo, si concentrerà sulla storia e sugli effetti contemporanei della divisione all’interno della città. E lo farà attraverso un progetto di coinvolgimento della comunità. Il museo sta infatti raccogliendo un’enorme collezione di manufatti, dagli atti di proprietà della terra ai vestiti e alle valigie, fino alle lettere personali scritte dagli sfollati di allora.
Pur essendo parzialmente finanziato dallo Stato, il museo non dispone di un budget per le acquisizioni, per cui la collezione deve affidarsi interamente a donazioni private. Molti dei manufatti non sono stati quindi acquisiti da altre istituzioni, ma donati da cittadini con un legame ancestrale con la partizione. Per costruire la collezione, il team curatoriale del museo ha viaggiato nei quartieri della città per studiare i manufatti donati e documentare le esperienze delle persone. Ciò ha incluso il tempo trascorso nei campi profughi vicino a Delhi e la documentazione di casi storici di violenza sessuale e rapimento.
Commissioni di arte contemporanea
I curatori del museo di Delhi collaboreranno anche con artisti contemporanei, commissionando opere legate alle storie e ai temi presenti nel museo. Tre artisti indiani stanno creando grandi opere scultoree per il museo: Veer Munshi, Atul Bhalla e Debashish Mukherjee. Sarà esposta anche una piccola collezione d’arte che comprende stampe che illustrano l’esperienza del defunto pittore Satish Gujral.
Il museo spera di diventare una tappa obbligata lungo il percorso turistico della vecchia Delhi, accanto a strutture e attrazioni famose come il Forte Rosso e il mercato di Chandni Chowk. Un giardino annesso al museo ospiterà spettacoli musicali.
Questa strategia, secondo Desai, sarà sostenuta dal crescente interesse per la storia della partizione dopo l’apertura del museo di Amritsar cinque anni fa. Le principali istituzioni nazionali, tra cui la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Delhi, stanno già cercando di attivare delle collaborazioni: «Per tanto tempo c’è stato un terribile silenzio intorno alla partizione, quindi è molto incoraggiante vedere che negli ultimi anni le principali istituzioni si sono impegnate a raccontare questa vicenda», afferma il presidente. Ma anche se il trauma e la violenza sono temi chiave che il museo racconterà, Desai, che si autodefinisce «ottimista», spera che l’istituzione possa infondere speranza nei suoi visitatori.
L’ultima sala si concentrerà sulle storie degli sfollati che sono riusciti a ricostruire le loro vite. Inoltre, metterà in evidenza i molti modi in cui le varie comunità etniche e religiose del subcontinente indiano hanno a lungo convissuto in armonia molto prima della spartizione, e forse potrebbero farlo di nuovo.

Esodo di massa: al ritiro del governo britannico nel 1947 ci fu un enorme sfollamento che portò alla spartizione dell’India e alla formazione del Pakistan prima e del Bangladesh poi
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