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«La Libertà che guida il popolo» (1830) di Eugène Delacroix dopo il restauro

© Grand Palais Rmn (Musée du Louvre). Adrien Didierjean, Mathieu Rabeau

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«La Libertà che guida il popolo» (1830) di Eugène Delacroix dopo il restauro

© Grand Palais Rmn (Musée du Louvre). Adrien Didierjean, Mathieu Rabeau

Delacroix cosparse la «Libertà» di piccoli tocchi bianchi, rossi e blu

Con il restauro, la tela più nota del Louvre dopo la «Gioconda» ha ritrovato l’intensità cromatica

Luana De Micco

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«Siamo la generazione che riscoprirà i colori di Delacroix», così Sébastien Allard, direttore del Dipartimento di dipinti del Louvre, ha accolto il ritorno della «Libertà che guida il popolo» nella Sala Mollien del primo piano del museo parigino, dopo un restauro durato sei mesi. «È una rivelazione, ha continuato Allard. La ricchezza dell’intensità cromatica, i bianchi, le ombre, si perdevano dietro un uniforme strato giallastro».

Eugène Delacroix (1798-1863) dipinse la tela iconica nel 1830. La sua Marianne con i seni nudi, simbolo della Repubblica francese, che brandisce il fucile in una mano, mentre con l’altra solleva il tricolore esortando la folla alla rivolta, è diventata un’allegoria immortale della Libertà. Anche se la scena commemora la Rivoluzione del luglio 1830, l’artista ha rappresentato la sua eroina con il berretto frigio dei sans-culottes della Rivoluzione del 1789: «La forza espressiva della “Libertà” non si è mai affievolita, diventando il simbolo stesso di tutte le lotte per la liberazione nel mondo», ha spiegato Allard, esperto di Delacroix. 

Probabilmente è il quadro più famoso del Louvre dopo la «Gioconda». Entrato nelle collezioni del museo nel 1874, era stato trasferito in un luogo sicuro durante la Seconda guerra mondiale danneggiandosi durante il trasporto per cui era stato rintelato. L’ultimo restauro risaliva al 1949.

L’intervento attuale, portato avanti a quattro mani, da Bénédicte Trémolières e Laurence Mugniot, è stato una tappa importante della campagna di recupero dei «grandi formati» di Delacroix, che il Louvre ha avviato nel 2019 e che ha già riguardato «Il Massacro di Scio» (1824), «La morte di Sardanapalo» (1827) e «Donne di Algeri» (1834). Dato il formato della «Libertà» (2,60 x 3,25 metri), che rendeva troppo complicato il trasporto, non è stato possibile trasferire la tela nei locali del Centre de recherche et de restauration des musées de France, e l’intervento è stato realizzato dunque sul posto, in una sala del museo poco distante. Nel 2025 il Louvre restaurerà «Ingresso dei crociati a Costantinopoli» che Delacroix dipinse nel 1840.

Bénédicte Trémolières e Laurence Mugniot hanno rimosso le alterazioni del tempo, ben otto strati di vernice che si era ingiallita negli anni, restituendo luce ai colori e permettendo di riscoprire la ricchezza dei dettagli. Una delle sorprese è stato il colore della tunica della «Libertà», che si pensava di un giallo uniforme, mentre presenta diverse sfumature di grigio chiaro. «Abbiamo visto con gioia riapparire, sotto la vernice, un materiale pittorico in ottime condizioni di conservazione, con tocchi di pennello vibranti», ha osservato Bénédicte Trémolières. Il quadro non presenta lacune. È emerso anche un altro dettaglio: il ritorno costante, come un leit motiv nascosto, «di piccoli tocchi di bianco, rosso e blu, facendo eco alla bandiera francese, che Delacroix aveva dissimulato un po’ ovunque sulla tela e che non erano più visibili, ha spiegato Laurence Mugniot. Persino nelle pupille blu, con un tocco di rosso, di un personaggio».

«La Libertà che guida il popolo» (1830) di Eugène Delacroix prima del restauro. © Rmn-Grand Palais (Musée du Louvre), Michel Urtado

Luana De Micco, 20 maggio 2024 | © Riproduzione riservata

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Delacroix cosparse la «Libertà» di piccoli tocchi bianchi, rossi e blu | Luana De Micco

Delacroix cosparse la «Libertà» di piccoli tocchi bianchi, rossi e blu | Luana De Micco