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Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliIl più importante museo della città fiamminga di Lovanio, l’MLeuven, sta portando avanti sotto gli occhi del pubblico il restauro di uno dei capolavori più suggestivi delle collezioni: l’Altare o Retablo della Passione, unico esempio superstite delle opulente pale d’altare scolpite nel legno che arricchivano nel Medioevo le chiese della città.
Anima del progetto, sostenuto dagli M-Cena, i soci del museo le cui quote associative 2023, 2024 e 2025 sono state per metà devolute al restauro, è la responsabile del Dipartimento di Arte Antica dell’MLeuven Marjan Debaene. «Retablo è un sinonimo per pala d’altare, dipinta o scolpita, precisa Debaene. Il nostro rappresenta nella parte superiore Passione, Sofferenza e Crocifissione di Cristo e nella parte inferiore gli episodi più importanti della sua infanzia, secondo una combinazione piuttosto comune. Non conoscendo artista e committente, in base allo stile pensiamo che l’altare risalga al 1520-25 ca, mentre è sicura la provenienza da Anversa. Dal 1450 in poi, alcune corporazioni artigiane del Brabante crearono infatti una specie di marchio di qualità. Nel caso di Anversa, la mano e il castello, che troviamo punzonati sull’opera». Molto probabilmente si tratta di una cosiddetta «opera cooperativa», modalità che divenne popolare dalla fine del XV secolo. «Prima di allora, le opere venivano realizzate principalmente su ordinazione, spiega Debaene. Gradualmente emerse però una forma di protoproduzione seriale. Questi oggetti venivano venduti nei mercati d’arte al coperto. Ad Anversa, ad esempio, nella Casa di Nostra Signora si poteva comporre e acquistare un retablo usando una sorta di catalogo di elementi semilavorati cui eventualmente aggiungere un “tocco personale”. Alcuni punti di fissaggio ci fanno inoltre ritenere che nel nostro retablo ci fossero dei pannelli dipinti, come si usava allora ad Anversa».
Il retablo fu plausibilmente acquistato per l’altare della cappella maggiore dell’allora Monastero agostiniano, ma venne rimosso nel 1765 con il restauro della cappella per ricomparire nel 1848 nel Van Dalecollege. Dal 1951 fece parte del Tesoro del Grande Beghinaggio e dal 1966 si trova nelle collezioni del MLeuven.
«L’opera fu ridipinta nel XIX secolo, afferma Debaene. La pittura originale probabilmente non era più in condizioni ottimali, ma forse c’entra anche un problema di gusto dato dall’esplosione dello stile neogotico, a volte “più gotico del gotico stesso”. Con la ridipintura ottocentesca il retablo risultò sicuramente più colorato di quanto non fosse in origine, benché gli antichi maestri avessero usato pigmenti pregiati e dorature, oltre a tecniche decorative come lo sgraffito: si applica uno strato di vernice su una foglia metallica, solitamente d’oro, a volte d’argento; successivamente, si graffiano disegni, motivi o lettere sulla vernice, portando in luce la foglia metallica. Il nostro retablo presenta molte di queste tecniche, oggi non ben visibili. Negli anni ’60 infatti la ridipintura neogotica fu rimossa danneggiando anche il colore originale, probabilmente perché le vernici avevano aderito al legno a causa dell’uso della cera».
Dopo le operazioni diagnostiche composte da scansione 3D e mappatura, realizzate dal restauratore Stijn Lenaerts di Iparc (International Platform for Art Research and Conservation) e necessarie a comprendere tecniche, materiali e i tanti piccoli elementi assemblati che compongono l’opera, il restauro mira a rimuovere la troppa cera presente, che attirando la polvere ha alterato l’originario rapporto opacità/brillantezza, e a ripristinare uno stato più simile a quello originario, che renda maggiormente leggibili i bellissimi dettagli.

Il marchio punzonato del castello di Anversa. Photo © Elias Derboven per M Leuven
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