«i-Land X-isle» (2013), di Latai Taumoepeau

Foto © Zan Wimberley

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«i-Land X-isle» (2013), di Latai Taumoepeau

Foto © Zan Wimberley

Dagli abissi dell’Oceano alla Chiesa di San Lorenzo

Due artiste del Sud Pacifico indagano per Ocean Space gli effetti dell’estrazione di minerali dalle profondità marine

La problematica ambientale inerente l’equilibrio dell’Oceano Pacifico è il tema della mostra intitolata «Re-Stor(y)ing Oceania», allestita nella Chiesa di San Lorenzo, commissionata da TBA21 Academy e Artspace Sydney, prodotta in collaborazione con le Ogr di Torino e curata da Taloi Havini originaria di Bougainville. La secentesca chiesa veneziana situata nel sestiere di Castello è infatti ritornata alla vita grazie all’impegno della fondazione Thyssen-Bornemisza Art Contemporary, che nel 2016 ne aveva avviato il restauro e dal 2019 è un avamposto di TBA21 Academy, spazio ormai conosciuto come Ocean Space. L’operazione ha consentito nuovamente l’accessibilità all’edificio e il suo inserimento nella scena culturale veneziana. Tanto che a fine gennaio di quest’anno è stato possibile riallestirvi, su iniziativa della Biennale, l’opera «Prometeo. Tragedia dell’ascolto» di Luigi Nono, rappresentata nel Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia nel 1984. 

Questa nuova mostra in corso fino al 13 ottobre vede protagoniste due artiste d’origine indigena e provenienti dal Pacifico: Latai Taumoepeau ed Elisapeta Hinemoa Heta. Performance, scultura, poesia confluiscono nell’installazione partecipativa di Latai «Deep Communion sung in minor (archipelaGO, This is Not A Drill)» e nello spazio progettato dall’artista multidisciplinare e designer Elisapeta. «Ho invitato entrambe le artiste a creare commissioni site specific per l’Ocean Space di Venezia, spiega la curatrice. La gente e le comunità di Tonga (a cui appartiene Taumoepeau) hanno interagito nel periodo trascorso da Taumoepeau nella sua patria tradizionale. L’opera commissionata, “Deep Communion sung in minor (archipelaGO, This is Not A Drill)” coinvolgerà il pubblico nel dare voce agli abitanti delle isole del Pacifico sul tema dell’estrazione di minerali in profondità e sulla loro ferma resistenza. Elisapeta Hinemoa Heta ha creato esperienze che portano su una piattaforma storie cosmogoniche che la costruzione di un impero ha cercato di cancellare. Attraverso strumenti didattici saremo invitati a partecipare e a rendere visibili le nostre storie oceaniche in modi stratificati, con un’attenzione particolare alla narrazione indigena. Progettato per lo scambio e la collaborazione, questo spazio accogliente, chiamato “The Body of Wainuiātea”, cerca di utilizzare antichi modi di conoscere e relazionarsi attraverso la storia e il waiata (canto) per ripristinare una maggiore consapevolezza delle connessioni atua (gli dei) con il nostro Oceano, ristabilendo il tapu (sacro) all’interno delle attuali campagne ambientali». 

In merito agli effetti del cambiamento climatico e alle ripercussioni dell’indiscriminata attività estrattiva nel Pacifico Havini commenta: «Le isole del Pacifico sono una delle regioni più colpite. I leader e le comunità indigene hanno lanciato l’appello per un maggiore studio e una maggiore consapevolezza dell’impatto che l’estrazione mineraria delle profondità marine creerà. Le profondità marine sono definite al di sotto dei 200 metri e attualmente oltre 1,5 km quadrati dell’oceano Pacifico sono in fase di esplorazione. Se questo progetto andrà avanti, sarà il più grande progetto estrattivo mai visto al mondo. Le nazioni insulari del Pacifico dipendono dall’oceano e questi minerali sono in realtà habitat per gli organismi viventi». 

«Dark Continent» di Latai Taumoepeau

Veronica Rodenigo, 15 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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