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Germano D’Acquisto
Leggi i suoi articoliL’architetto belga Victor Horta diceva che Bruxelles era come una tela in continua evoluzione, in cui l’architettura e il design possono osare e diventare arte vivente. A confermare l’assunto del padre dell’Art Nouveau è il continuo brulicare di nuovi spazi espositivi, di vecchi palazzi che vengono restaurati e, soprattutto, di giovani gallerie sperimentali. Tra le realtà più dinamiche appartenenti a quest’ultima categoria c’è Objects With Narratives (che da queste parti chiamano con l’acronimo Own). Fondata da Robbe e Nik Vandewyngaerde insieme a Oskar Eryatmaz, non è una semplice galleria: è una piattaforma innovativa che valorizza il design da collezione attraverso il racconto, intrecciando materiali, tecniche artigianali e visioni contemporanee. Dopo un inizio nomade, tra fiere internazionali e vendite online, Own ha trovato casa in place du Grand Sablon 40, un palazzo Beaux-Arts che incarna il perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione. Qui, i pezzi esposti, tra sculture funzionali, edizioni limitate e installazioni site specific, dialogano con gli ambienti storici, dimostrando come il design possa essere tanto esclusivo quanto accessibile a tutti. In questa intervista, Robbe Vandewyngaerde ci svela la missione di Objects With Narratives: riscrivere le regole del mercato, dando spazio alla storia, al racconto che si nasconde dietro ogni oggetto.
Objects With Narratives è nata all’incrocio tra architettura, design e business. Qual è stato il momento in cui avete capito che una piattaforma come la vostra era necessaria?
Quando io e Nik abbiamo iniziato a progettare oggetti per noi stessi. È stata quasi come una fuga dal mondo frenetico dell’architettura. Siamo stati fortunati: diverse gallerie ci hanno rappresentato, ma presto abbiamo capito che non tutte erano davvero a favore degli artisti. Alcune sono antiquate, altre poco professionali, altre ancora sono semplici piattaforme. Parlando con altri artisti, ci siamo resi conto che non eravamo i soli a pensarla così. Perciò, con un pizzico di ingenuità, abbiamo pensato: «Perché non aprire una galleria tutta nostra, capace di offrire il punto di vista degli artisti, con un approccio dal basso verso l’alto?».
I tre fondatori hanno background differenti. Come si combinano le vostre competenze nella gestione della galleria?
Siamo tre persone molto diverse, ma ci conosciamo bene e condividiamo la stessa visione. Nik e io siamo fratelli, quindi ci conosciamo da sempre, mentre Oskar è il migliore amico di Nik dai tempi dell’infanzia. Sappiamo che cosa ci piace e, forse ancora più importante, che cosa non ci piace. Spesso riusciamo a completare le frasi l’uno dell’altro, il che ci permette di prendere decisioni in autonomia senza doverci consultare su ogni cosa. Tuttavia, abbiamo ruoli ben distinti: io sono più orientato alla direzione creativa, prendo le decisioni artistiche; Oskar gestisce i rapporti con i clienti, la logistica e le questioni finanziarie; mentre Nik è una via di mezzo tra noi due.
Avete scelto Bruxelles come casa. Perché proprio questa città e come influisce sulla vostra identità?
Siamo tutti e tre belgi, ma abbiamo sempre avuto un rapporto ambivalente con la nostra identità (una cosa tipicamente belga!). Nik si è trasferito in Svizzera dieci anni fa, Oskar ha vissuto in parte in Portogallo, io sono stato all’estero per sei anni. Tuttavia, osservando il panorama artistico e culturale, ci siamo resi conto che il Belgio è una fucina incredibile di talenti in tutti i settori, proprio come nella moda. Dopo lunghe discussioni, abbiamo deciso di essere orgogliosi della qualità che il nostro Paese possiede e di contribuire a spingere la scena culturale belga nel panorama internazionale. Bruxelles ha il potenziale per diventare la capitale europea del design.
Own parla di «oggetti con una narrazione». Come si racconta una storia attraverso il design e quali sono gli elementi chiave che rendono un pezzo davvero coinvolgente?
Come architetti, siamo stati formati a sviluppare concetti forti e volevamo tradurre quest’idea nel mondo del design. Le storie sono memorabili, proprio come le fiabe che ci raccontavano da bambini. Crediamo che quando un oggetto racconta una storia diventa il mezzo stesso della narrazione e il suo valore va oltre l’estetica, creando un legame emotivo che dura nel tempo. Non è più solo un oggetto, ma un pezzo da collezione che può essere tramandato di generazione in generazione. Negli ultimi tempi, però, abbiamo capito che una forte narrazione può nascere anche dal materiale e dall’artigianato stesso. La storia può essere più sottile, può risiedere nel processo, nella materia o addirittura nell’artista che lo crea.
Uno dei vostri obiettivi è democratizzare l’accesso al design da collezione. Un bel problema bilanciare esclusività e accessibilità. Come fate?
Crediamo fermamente che tutti debbano poter vivere l’arte. Da bambino non mi sentivo connesso al mondo artistico: alcune gallerie sembravano troppo formali e i musei poco immersivi. Noi vogliamo fare il contrario, sia fisicamente sia online. La nostra galleria è aperta al pubblico quattro giorni a settimana, con nuove mostre ed esperienze ogni due mesi. Chiunque, dai più giovani ai più anziani, è il benvenuto per conoscere e approfondire il lavoro degli artisti. Anche online cerchiamo di offrire quante più informazioni possibili, così che i giovani artisti possano imparare da quelli più esperti. Inoltre, partecipiamo a molte fiere per portare questi pezzi unici in giro per il mondo.
Il mercato del design da collezione sta crescendo rapidamente. Quali sono le tendenze più interessanti?
L’attenzione all’artigianato. Mentre alcune scuole e artisti esplorano nuovi materiali, forme ed espressioni, persino l’uso dell’Intelligenza Artificiale, vediamo una forte riscoperta del lavoro manuale. Un oggetto realizzato a mano porta con sé la traccia dell’essere umano, ci connette alla nostra natura di artigiani e creatori di strumenti. Forse è un istinto primordiale: gli oggetti imperfetti, segnati dal lavoro delle mani, ci attraggono più di quelli generati da macchine o computer.
Molte gallerie stanno investendo nel digitale. Quanto influisce la presenza online sul vostro modello di business?
Nonostante la nostra galleria abbia una sede fisica a Bruxelles, vendiamo la maggior parte delle opere in tutto il mondo: Stati Uniti, Filippine, Indonesia, Corea, Australia... In realtà siamo nati come una galleria online e nomade, e questo ci ha avvantaggiati molto. Sappiamo però che per comprendere davvero un’opera e connettersi con il pubblico, lo spazio fisico resta insostituibile.
Il rapporto tra artigianato e sostenibilità è sempre più centrale. Voi come supportate una produzione etica e responsabile?
La sostenibilità può essere interpretata in modi diversi. Alcuni dei nostri artisti lavorano con materiali riciclati, come il sale, i cerchioni di automobili o le scorie del rame. Altri invece utilizzano processi meno sostenibili, ma creano opere che dureranno oltre cento anni, diventando cimeli da tramandare. Se il ciclo di vita di un oggetto si estende così tanto, il suo impatto ambientale si riduce notevolmente nel tempo.
Avete scoperto e valorizzato molti talenti emergenti. Un artista su cui puntare?
Jumandie Seys, che ha solo 26 anni ed è il più giovane tra i nostri artisti. Ha sviluppato nuove tecniche per la pelle patinata e tinta con pigmenti vegetali, e i suoi lavori sono incredibili. Ha ancora molto da imparare, ma il suo potenziale è immenso.
Ci sono tecniche artigianali rare o dimenticate che i vostri artisti stanno recuperando?
Potrei parlarne per ore, ma vi faccio un esempio: Conrad Hicks è un vero fabbro artista, una professione quasi estinta. Ha realizzato sculture, ponti e strutture architettoniche per tutta la vita ed è un maestro del metallo. Crea persino le sue leghe, mescolando rame, bronzo e alluminio per ottenere colori unici, dal blu al rosso, fino al viola e al giallo. Non si tratta di una semplice patina superficiale, ma di un colore intrinseco nel materiale.
Se doveste descrivere Own con una sola parola o concetto, quale sarebbe e perché?
Esperienza. Il nostro obiettivo è andare oltre l’oggetto in sé, creando spazi, architetture e ambienti immersivi che permettano di entrare nel mondo dell’artista e di viverlo pienamente.
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