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Un’opera (2010) di Claudio Parmiggiani. Foto di Lucio Rossi & C., Parma

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Un’opera (2010) di Claudio Parmiggiani. Foto di Lucio Rossi & C., Parma

Coup de cœur con naufragio

Claudio Parmiggiani alla galleria Poggiali: arcadia e tragedia

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Franco Fanelli

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Nel momento in cui scriviamo, Alessandro Poggiali con i figli Lorenzo e Marco stanno terminando i lavori agli spazi che dal 24 maggio al 29 ottobre ospiteranno una personale di Claudio Parmiggiani. L’artista emiliano (1943) ha infatti richiesto una radicale modifica al percorso «a ferro di cavallo» che caratterizza la  galleria fiorentina: la mostra non avrà infatti un doppio sbocco su via della Scala, ma si chiuderà con una parete appositamente costruita.

Qui il calco della testa di una figura classica, reclinata e posta accanto a un orologio-sveglia, appoggiato su un libro, sarà probabilmente l’ultimo incontro in cui s’imbatterà il visitatore in questa mostra lungamente attesa dai Poggiali, in cui si alternano presenze e assenze, suoni (per chi li sa percepire) e perentori silenzi, talora brutali.

Ecco allora la grande arpa sulle cui corde possono posarsi alcune farfalle (in greco «psyché», anima); ma anche la campana muta, appesa al soffitto per il batacchio, un corpo suppliziato e ridotto al silenzio che richiama quello cui furono condannati molti grandi pensatori e artisti.

E poi le delocazioni, il vuoto lasciato da biblioteche e quadri evidenziato dal nerofumo; il mezzobusto di una scultura classica in cera, disperato richiamo a un’armonia possibile anche nell’erotismo, ma anche il cuore fuso in ghisa, estremamente sensibile alle sollecitazioni termiche, che all’ingresso della galleria ha il suo compagno nella base che lo sostiene, una copia della Divina Commedia, omaggio di questo artista che nel libro e nella scrittura ha spesso cercato risposte, conforto, materiale installativo ad alto potenziale simbolico (una catasta di libri incombeva sulla scenografia da lui concepita per una rappresentazione del «Faust»), al genius loci, ma anche fuggitivo profeta in patria, Dante Alighieri.

Una pensosa malinconia, alternata a struggenti richiami a un’Arcadia perduta, permea queste sale silenziose. Il fragore esplode a pochi metri, nella lunga galleria che in via Benedetta integra la sede principale. Qui rifà la sua apparizione la grande ancora che, oscillando dal muro da cui irrompe, ha infranto un gigantesco cristallo. È un nuovo viaggio di Parmiggiani, accompagnato in catalogo da un testo di Sergio Risaliti, nel «mare dei ghiacci» in cui a Caspar David Friedrich, all’alba della «civiltà» moderna, apparve «Il naufragio della Speranza».

Un’opera (2010) di Claudio Parmiggiani. Foto di Lucio Rossi & C., Parma

Franco Fanelli, 23 maggio 2019 | © Riproduzione riservata

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