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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliFigure femminili con eleganti abiti di haute couture, sullo sfondo di paesaggi vasti e inospitali, accolgono il visitatore della sede di Hauser & Wirth dell’Illa del Rei nel porto di Maó a Minorca. Sono fotografie di grande formato, che presentano figure stranamente dislocate, come se fossero state sovrapposte digitalmente a paesaggi insulari. Si tratta di «Ominous Landscape», una selezione di immagini che la fotografa statunitense Cindy Sherman (1954) realizzò nel 2010 con abiti e accessori scelti dagli archivi della maison Chanel: dai vestiti anni ’20 disegnati dalla stessa Coco Chanel, alle creazioni contemporanee di Karl Lagerfeld. Il mondo della moda apre questa grande mostra, la prima monografia in Spagna di Cindy Sherman, da quella che le dedicò il Museo Reina Sofia di Madrid nel 1996. In questa serie di fotografie, i lussuosi abiti creano un sorprendente contrasto con la desolata intensità dei paesaggi che li circondano, mentre le figure femminili incombono più grandi del loro ambiente naturale, alterando i ruoli della gerarchia romantica.
È tutta la vita che Cindy Sherman si traveste. Una, nessuna e centomila: è la giovane che gioca ad essere vecchia e l’anziana che cerca nel botox la freschezza perduta, prostituta e studiosa, assassina e cadavere, star di Hollywood e cittadina anonima alla fermata del bus. Nell’intimità del suo studio con trucchi, parrucche e attrezzo, Sherman mette in scena i suoi personaggi in fotografie che Peter Schjeldahl, critico del «The Newyorker» ha definito «film di un solo fotogramma», in cui dimostra che l’identità è una costruzione che non dipende solo da come ci vedono gli altri, ma anche da come ci vediamo noi stessi.

Cindy Sherman, «Untitled #550», 2010-12. © Cindy Sherman. Courtesy the artist and Hauser & Wirth
Il titolo della rassegna, «The Women», rimanda alla celebre opera teatrale del 1936 di Clare Boothe Luce, un’opera corale, brillante e ironica, che mette in scena le interazioni tra donne di diverse classi sociali e analizza l’importanza dell’apparenza in questo gioco di ruoli e relazioni. Adattata due volte per il cinema (nel 1939 e nel 2008), l’opera è un chiaro esempio del genere «chick flick», i film di Hollywood destinati a un pubblico femminile. Di fronte all’evoluzione dello star system, che dalle misteriose e affascinanti attrici dell’epoca dorata di Hollywood si è trasformato nel culto all’influencer e ai personaggi dei social media, banali e accessibili come la vicina del piano di sopra, le decostruzioni di Sherman che alludono a condizioni di genere, classe e razza, mantengono tutta la loro attualità e rilevanza. «Attraverso il suo lavoro, l’artista mette in luce come le donne convivano nella società come rappresentazione di sé stesse» afferma Tanya Barson, exconservatrice del Macba, il Museo d’Arte Contemporanea di Barcellona, e ora senior curator da Hauser & Wirth.
Il percorso espositivo non segue uno sviluppo cronologico né tematico, ma abborda la costruzione della femminilità e la sua percezione nella sfera pubblica a 360 gradi. Al centro si trova «Untitled Film Stills» (1977-80) , la serie in bianco e nero che la consacrò come una delle artiste della Picture Generation, insieme a creatori come Sherrie Levine, Richard Prince e Louise Lawler. Ispirate alla Hollywood degli anni ’50 e ’60, così come al noir europeo, ai film di serie B e al cinema d’autore, i personaggi e le ambientazioni di Sherman evocano determinati tipi di personaggi e generi, pur rimanendo sempre ambigue, per permettere agli spettatori di immaginare le proprie storie o persino di sentirsi parte dell’opera.
Gli stereotipi culturali e i personaggi quotidiani della società americana si uniscono per plasmare un’identità complessa, costruita e interpretata. Utilizzando protesi, effetti teatrali, tecniche fotografiche e tecnologie digitali, Sherman, che fu per molti anni compagna del musicista David Byrne, è riuscita a canalizzare e a ricostruire figure rappresentative della psiche collettiva, esplorando gli aspetti più grotteschi e intimi dell’umanità, anticipandosi ai grandi dibattiti della contemporaneità: dal divario tra realtà e finzione alla post verità. Anche se ha partecipato attivamente all’allestimento, non si è fatta vedere dai giornalisti, ma chi può dirlo: magari era tra la folla, che prendeva appunti durante la propria conferenza stampa.

Una veduta della mostra «The Women» da Hauser & Wirth. © Cindy Sherman. Courtesy the artist and Hauser & Wirth