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«I Pesci-Occhio» di Luigi Serafini, un particolare della tavola del Codex Seraphinianus, indagata da Italo Calvino nell’articolo L’enciclopedia di un visionario: «La zoologia di Serafini è sempre inquietante, teratomorfica, da incubo»

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«I Pesci-Occhio» di Luigi Serafini, un particolare della tavola del Codex Seraphinianus, indagata da Italo Calvino nell’articolo L’enciclopedia di un visionario: «La zoologia di Serafini è sempre inquietante, teratomorfica, da incubo»

Centenario Calvino: «L’unica cosa che vorrei poter insegnare è un modo di guardare»

Le passeggiate onnivore di Italo Calvino nelle gallerie e i suoi articoli sono stati raccolti da Marco Belpoliti: «Il collezionismo è un’ossessione estetica e mentale, presuppone l’idea di conservare il tempo. Ma il tempo...»

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Simone Facchinetti

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Una recente antologia di scritti di Italo Calvino, curata da Marco Belpoliti, offre lo spunto per ragionare sullo sguardo dello scrittore: Guardare. Disegno, cinema, fotografia, arte, paesaggio, visioni e collezioni (740 pp., Mondadori, Milano 2023, € 26). Il volume raccoglie anche uno degli ultimi libri di Calvino, Collezione di sabbia (1984), che è l’argomento su cui verte questa intervista. Per Calvino ogni collezione è come un diario e risponde al «bisogno di trasformare lo scorrere della propria esistenza in una serie d’oggetti salvati dalla dispersione». Ci interessa mettere a fuoco questo tema poiché è un classico della storia del collezionismo ma anche perché lo sguardo di Calvino si muove con straordinaria mobilità e candore in territori che spesso sono sotto gli occhi di tutti.

Nella quarta di copertina della prima edizione di Collezione di sabbia l’autore si presentava così: «Alcuni tratti della fisionomia dello scrittore vengono fuori in queste pagine d’occasione: onnivora curiosità enciclopedica e discreta presa di distanza da ogni specialismo; rispetto del giornalismo come informazione impersonale e piacere d’affidare le proprie opinioni a osservazioni marginali o di nasconderle tra le righe; meticolosità ossessiva e contemplazione spassionata della verità del mondo. Insieme a dieci di queste cronache di passeggiate per le sale di gallerie parigine, Collezione di sabbia raccoglie altre pagine di cose viste o che, anche se nate da letture di libri, hanno come oggetto il visibile o l’atto stesso di vedere (compreso il vedere dell’immaginazione). Completano il volume tre gruppi di riflessioni in margine a viaggi in altre civiltà (Iran, Messico, Giappone) dove dalle cose viste s’aprono spiragli d’altre dimensioni della mente»

Ho incontrato Marco Belpoliti a Bergamo, dove insegna all’Università. È considerato uno dei massimi specialisti di Calvino e il libro che stringo tra le mani è particolarmente riuscito. Ogni sezione è preceduta da una sua nota introduttiva che inquadra l’argomento.

Com’è nata l’idea di questa antologia?
Alla base c’è un mio saggio intitolato L’occhio di Calvino (1996), nato da un’idea che ho cominciato a covare molto tempo prima. Ricordo di aver iniziato a raccogliere gli articoli di Calvino via via che uscivano sui quotidiani, accorgendomi che un buon numero di essi trattava argomenti artistici. Il titolo Guardare si rifà a una citazione tratta da una lettera di Calvino all’editore francese François Wahl: «L’unica cosa che vorrei poter insegnare è un modo di guardare, cioè di essere in mezzo al mondo».

Nella recensione al saggio estravagante di Federico Zeri dedicato ai francobolli veniamo a sapere che Calvino li collezionava: «Preferivo [quelli] delle Barbados, in cui re Giorgio V in ermellino e corona attraversava il mare su un cocchio tirato da delfini».
È la prova che è esistito anche unCalvino collezionista.
Uno scrittore colleziona anche in assenza di oggetti materiali. Il collezionismo è un fatto estetico e mentale che ha a che fare con certe ossessioni. A Calvino interessavano gli oggetti, ma non il loro possesso, gli bastava poterli conoscere e soprattutto descrivere. Calvino collezionava idee, pensieri e ossessioni. Avendo frequentato diversi artisti dei suoi (e dei nostri) tempi magari possedeva qualche loro ricordo. Ha scritto articoli su Carlo Levi, Fausto Melotti, Giulio Paolini ecc.

Forse il saggio più bello di «Collezione di sabbia» è quello cha ha dato il titolo alla raccolta.
Non c’è alcun dubbio. Il tema della polvere e della cenere, materia che tanti artisti contemporanei utilizzano nei loro lavori, è anche alla base dell’idea che tutto trasmuta e si distrugge. Anche la scrittura ha dei limiti per Calvino perché alla fine si trasforma in polvere: era perfettamente consapevole della difficoltà di inseguire il mondo con le parole. Il collezionismo presuppone l’idea di conservare il tempo, ma il tempo scorre velocemente. In genere quando muore un collezionista anche la sua raccolta scompare e si dissolve con lui.

A questo punto viene naturale citare le ultime volontà di Edmond de Goncourt: «È mio desiderio che queste opere d’arte che sono state la gioia della mia vita non siano consegnate alla fredda tomba di un museo, oggetto degli stupidi sguardi di visitatori indifferenti; desidero che siano disperse all’asta, cosicché il piacere che mi ha dato l’acquisto di ciascuna di esse si rinnovi ogni volta per qualcuno che abbia ereditato i miei stessi gusti».
 

«I Pesci-Occhio» di Luigi Serafini, un particolare della tavola del Codex Seraphinianus, indagata da Italo Calvino nell’articolo L’enciclopedia di un visionario: «La zoologia di Serafini è sempre inquietante, teratomorfica, da incubo»

Simone Facchinetti, 26 giugno 2023 | © Riproduzione riservata

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