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Letizia Ragaglia
Leggi i suoi articoliVorrei attirare prima l’attenzione su due figure di artiste da riscoprire: due artiste per le quali, in percorsi diversi e peculiari, la pratica della scrittura, il rapporto tra immagine e testo è stato sempre fondamentale, quasi una sorta di resistenza personale e di resilienza nei confronti della società.
Un’artista è Libera Mazzoleni (Milano, 1949); e mi fa molto pacere che sia stata anche citata dallo stimato Giorgio Verzotti nella precedente tappa dell’inchiesta. Nelle sue opere Libera Mazzoleni utilizza la scrittura come disegno e forma, ma anche come segno e comunicazione. Dal 2004, per esempio, sta lavorando a un’opera ancora in progress, che consiste in centinaia di quadri di tessuti diversi e variopinti, su cui l’artista ha tracciato i nomi e le date degli eventi tragici che hanno contrassegnato il Novecento: guerre, stragi, disastri ecologici, violenze sulle persone, furti, spoliazioni, repressioni di massa, ma anche narrazioni di storie individuali. Hiroshima e Cernobyl, il genocidio del Ruanda e il crollo delle due torri gemelle si mescolano alle piccole vite, come quella della bimba afgana Rhuma, vittima di un traffico di organi. In quest’opera in progress Libera Mazzoleni mette in relazione i macro-eventi della storia con i micro-eventi, in cui spesso le donne sono le protagoniste.
L’altra figura è Berty Skuber (Fiè allo Sciliar, Bolzano, 1941). L’artista definisce il proprio lavoro come «un labirinto fatto di cose e di rapporti con le cose». La sua costante ricerca delle connessioni implicite tra le cose avviene tramite un’accumulazione ossessiva di oggetti e di testi (lettere, ritagli di giornale, diari). Nel vasto archivio dell’artista alcuni oggetti (come, per esempio, le migliaia di etichette di capi d’abbigliamento) vengono meticolosamente ordinati in forme ripetitive e assurgono ad opere d’arte seriali, che oscillano tra una dimensione antropologica e una estetica, tra una dimensione pubblica e una intima e individuale.
Recentemente sia Libera Mazzoleni che Berty Skuber sono state inserite da Ilse Lafer nella sua mostra Doing Deculturalization, che ha presentato numerose figure femminili attive negli anni Settanta, ma non solo. La ricerca di Ilse Lafer ha preso le mosse dalla collezione dell’Archivio di Nuova Scrittura di Paolo Della Grazia conservata a Museion e ha intenzionalmente ampliato i confini di quest’ultima attraverso le ricerche di numerose artiste donne.
Vorrei occupare la terza posizione a mia disposizione sulla mappa con il nome di Sonia Leimer, un’artista nata a Merano nel 1977, che dopo vari soggiorni a Los Angeles e New York, ormai vive da diversi anni a Vienna, anche se mantiene sempre un forte legame con la sua terra di origine. Sonia Leimer si interroga sulle condizioni e sul futuro dei nostri spazi esistenziali. Un tema più che mai attuale in un momento, in cui il mondo intero si è trovato nella condizione di ri-considerare i propri spazi domestici, di ri-adattare le consuetudini dei propri spazi vitali e di constatare la fragilità degli spazi globali.
In diverse opere Sonia Leimer affronta anche le distopie legate ai cambiamenti climatici e, con le sue sculture ispirate da «rifiuti spaziali», non solo esemplifica le sconfitte delle ricerche nello spazio, ma anche il crescente inquinamento di quest’ultimo causato dalla digitalizzazione. Dopo gli studi di architettura, Sonia Leimer si è sempre interessata alle sovrapposizioni di spazi reali e fittizi, alle stratificazioni di diverse dimensioni messe in atto da narrazioni molteplici; ha spesso coinvolto terzi nel proprio lavoro, tra cui anche astronauti o ricercatori in un laboratorio in Antartide. Sono felice che tra i suoi vari progetti futuri ci sia anche una mostra al Man di Nuoro.
Letizia Ragaglia, critica e curatrice, dal primo luglio 2021 sarà la nuova direttrice del Kunstmuseum Liechtenstein a Vaduz.
CONTINENTE ITALIA
Una mappa dell'arte italiana nel 2021

Letizia Ragaglia