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«Alfabeto Lucini» (1984), di Bruno Munari. © Bruno Munari. Tutti i diritti riservati alla Maurizio Corraini s.r.l.

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«Alfabeto Lucini» (1984), di Bruno Munari. © Bruno Munari. Tutti i diritti riservati alla Maurizio Corraini s.r.l.

Bruno Munari: tutto per tutti

Alla Fondazione Magnani-Rocca un’ampia ricognizione su oltre settant’anni di pensiero creativo

Valeria Tassinari

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Un flusso di idee fresche e nitide, e quasi tutta la sterminata produzione del più versatile sperimentatore della ricerca visuale italiana del ’900: dal 16 marzo al 30 giugno la Fondazione Magnani-Rocca è attraversata dall’intelligente leggerezza di Bruno Munari (Milano, 1907-98), genio creativo di un secolo che ha saputo declinare attraversandone le trasformazioni con l’intuito di formidabile anticipatore. Riconosciuto e amato a livello internazionale, Munari è un autore quasi impossibile da incasellare in una sola definizione, se non forse proprio in quella di «inventore», nel senso letterale di «colui che trova» sorprendenti percorsi e soluzioni ancora inesplorate.

La mostra, allestita a fianco delle collezioni permanenti, mette in relazione settant’anni di idee e oggetti attraverso una panoramica di oltre 250 opere, dai primi dipinti nell’orbita del secondo Futurismo fino all’ultima produzione. Per questo si intitola «Bruno Munari. Tutto», «un titolo provocatorio che può suonare ambizioso, afferma il curatore Marco Meneguzzo, perché la sua creatività è stata così ampia e trasversale che sarebbe impossibile riuscire a rappresentarla tutta, anche se con questa mostra abbiamo davvero voluto rendere conto dell’inesauribile varietà della sua indagine. Grafica, oggetti, opere d’arte, la parola “Tutto” risponde per lui a un metodo progettuale che si va precisando con gli anni, con i corsi tenuti nelle università americane e con il suo insegnamento forse più innovativo, che è quello dei laboratori per stimolare la creatività infantile, avviati dal 1977 e ancora all’avanguardia nella didattica dell’età prescolare e della prima età scolare. Munari è stato un uomo della modernità che è riuscito a traslocare nella postmodernità senza conseguenze, giocandosela in maniera favorevole».

Storico e studioso munariano, Meneguzzo, che l’ha conosciuto fin da quando aveva quattro anni «grazie a una strana trottola che mi portatò dal Giappone», ha già curato o cocurato diverse sue monografiche, dalla prima a Palazzo Reale (1986) fino a quella più recente sull’artista al Maca di Montevideo (tenutasi dal 5 gennaio al 10 marzo di quest’anno). «La specificità di questo nuovo progetto, sottolinea Meneguzzo, è nella scelta di rappresentarne l’attività fin dagli esordi in tutti campi della creatività, dall’arte al design, dalla grafica alla pedagogia e, per superare la difficoltà di dirimere chiaramente i territori linguistici da lui affrontati, la rassegna non è suddivisa per tipologie o cronologie, ma per attitudini e concetti, in modo da poter mostrare i collegamenti e le relazioni tra oggetti anche apparentemente molto diversi l’uno dall’altro. La sua figura è molto attuale nella società odierna, nella quale non ci sono limiti fra territori espressivi. È un esempio di flessibilità, di capacità di adattamento dell’uomo all’ambiente. Il suo metodo consiste nello scoprire il limite delle cose che ci circondano e di volerlo ogni volta superare».

Cinque le sezioni della mostra, dove trovare i classici più noti dalle «Xerografie» alle «Rose nell’insalata» o al film «Salto mortale di Monte Olimpino», ma anche opere inedite come il grande dipinto futurista «Buccia di Eva». Il ricco catalogo (Cimorelli) riunisce testi del curatore e di Stefano Roffi, direttore scientifico della Fondazione Magnani-Rocca, e contributi critici di vari studiosi centrati su singoli casi-studio.

«Alfabeto Lucini» (1984), di Bruno Munari. © Bruno Munari. Tutti i diritti riservati alla Maurizio Corraini s.r.l.

Valeria Tassinari, 14 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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