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Camilla Sordi
Leggi i suoi articoliLa sperimentazione come formula per interrogare il presente, per superare le barriere tra discipline e approfondire i temi più urgenti del dibattito contemporaneo. Tale lo spirito con cui Fondazione Prada ha sviluppato, e divulgato, il programma espositivo per il 2026. Una rete di mostre e iniziative che coinvolgono nuovamente artisti, curatori, registi, musicisti e studiosi di fama internazionale, tra le tre sedi permanenti di Prada a Milano e Venezia. Il programma si articola quindi in una pluralità di formati – mostre tematiche e monografiche, cinema, musica, performance, seminari, attività editoriali e didattiche – e coinvolge figure chiave dell’arte e della cultura visiva contemporanea come Cao Fei, Cyprien Gaillard, Mona Hatoum, Arthur Jafa, Richard Prince e Hito Steyerl. Un insieme eterogeneo di pratiche che condividono l’urgenza di confrontarsi con le immagini, le tecnologie e le narrazioni che plasmano il nostro immaginario collettivo.
All’interno di questa programmazione, la mostra «Helter Skelter: Arthur Jafa and Richard Prince», a cura di Nancy Spector, occupa una posizione strategica e simbolica. In programma a Venezia dal 9 maggio al 23 novembre 2026, in concomitanza con la Biennale Arte, l’esposizione mette in dialogo due tra i più influenti artisti contemporanei, accomunati da un approccio radicale all’appropriazione e alla manipolazione delle immagini.
Arthur Jafa e Richard Prince, nati a dieci anni di distanza, operano entrambi su un vastissimo archivio visivo e narrativo che attinge alla cultura popolare americana. Film, romanzi pulp, fumetti, video di YouTube, fantascienza, copertine di dischi, poster di band rock, libri della Beat Generation, notizie di cronaca, cimeli di celebrità e flussi dei social media. Tuttavia, il loro uso di questo materiale non è mai neutro. Le immagini vengono estratte, ricombinate e caricate di nuove tensioni, diventando strumenti per rivelare le contraddizioni, le violenze simboliche e le mitologie distorte che attraversano la società statunitense.
Arthur Jafa. Courtesy the artist
La pratica di Arthur Jafa si sviluppa a partire da una riflessione profonda sull’identità afroamericana e sulla necessità di rafforzare un’estetica Black nel cinema e nell’arte. I suoi lavori - spesso video, montaggi sonori e visivi di grande intensità emotiva - mettono in relazione immagini di violenza, celebrazione, quotidianità e trascendenza, costruendo un linguaggio che mira a restituire la complessità dell’esperienza nera negli Stati Uniti. Jafa utilizza l’appropriazione non come semplice citazione, ma come gesto politico: un modo per riattivare immagini esistenti e piegarle a una narrazione che sfida la storia ufficiale e i suoi stereotipi.
Richard Prince, figura centrale dell’appropriation art fin dagli anni Settanta, concentra invece la sua attenzione sulle ossessioni della cultura americana dominante. Le sue opere oscillano tra una critica lucida e distaccata della mascolinità bianca, dei suoi miti di potere, ribellione e libertà, e un’ambigua attrazione per il lato oscuro della psiche collettiva. Attraverso la ri-fotografia, il collage e l’uso di testi e immagini prelevati dai media, Prince mette in crisi le nozioni di originalità, autorialità e autenticità, mostrando come l’identità americana sia costruita su un intreccio di desideri, violenza e consumo.
«Helter Skelter» si sviluppa quindi come un campo di sovrapposizioni tematiche e visive, in cui le opere dei due artisti vengono accostate per affinità, attriti e risonanze. Il titolo stesso evoca un senso di caos controllato, di spirale culturale in cui i miti fondativi degli Stati Uniti si intrecciano con le loro derive più inquietanti. La mostra rende visibile, per la prima volta in modo organico, il dialogo continuo tra la pratica di Jafa e quella di Prince, portando alla luce ossessioni condivise e differenze sostanziali nel modo di affrontare le immagini e il loro potere.
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