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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoli«Non avrei mai esposto la mia collezione se non avessi avuto l’opportunità di acquisire il piano nobile dello splendido Palazzo Bartolini Salimbeni, a pochi metri da dove era la mia prima galleria, aperta nel 1981, quando decisi, dopo la morte di mio padre, di dedicarmi a questa passione che sarebbe diventato il mio lavoro. Per me è un ritorno alle origini e ringrazio per questo i principi Colonna»: così Roberto Casamonti, gallerista di fama internazionale, fondatore di Tornabuoni Arte, spiega la sua decisione di presentare alla città, nei sontuosi spazi del palazzo rinascimentale edificato da Baccio d’Agnolo (con il fregio in facciata dei tre papaveri inanellati e il motto della famiglia «Per non dormire»), la sua collezione di dipinti e sculture, che ricopre l’intero arco del XX secolo.
Un gesto di mecenatismo che esprime la «riconoscenza di un cultore appassionato d’arte per la città che lo ha seguito nel corso della sua attività professionale e della sua stessa vita», sottolinea Bruno Corà, che firma il testo nel catalogo, di cui esce ora presso Forma il primo volume, e che ha condiviso con Casamonti la scelta delle opere da esporre. La visita gratuita, su prenotazione, grazie all’Associazione Culturale Collezione Roberto Casamonti diretta da Sonia Zampini, intende essere tappa di un percorso che lega luoghi vicini quali il Museo Novecento, il Museo Marini, Palazzo Strozzi (la Strozzina) e il Museo Ferragamo, mostrando, ribadisce Casamonti, che «oggi Firenze ha da dire la sua sul contemporaneo!».
La prima tranche di opere esposte dal 24 marzo sino a marzo 2019, va da artisti quali Fattori, Boldini, Balla, Sironi, Morandi, de Chirico, Savinio, Picasso, Ernst, fino a Vedova, Capogrossi, Burri, Klein, Fontana, Castellani, Manzoni, Andy Warhol, per non citarne che alcuni. Nel 2019 sarà esposta una seconda tranche dedicata a figure più contemporanee, da Boetti (comprato quando era quasi uno sconosciuto) a Kapoor. Pur non trattandosi di una casa museo, l’idea della storia, del racconto individuale, si esprime in un luogo che ben traduce lo spirito e la fisionomia del collezionista: «Sono stato sempre guidato dall’amore per la bellezza e quando ho voluto un’opera non ho dormito la notte finché non l’ho posseduta, come nel caso del Cavallo in ceramica di Lucio Fontana del 1936, e ho sempre guardato al rinnovarsi dell’arte seguendo il lavoro di artisti giovani ed emergenti».
Casamonti precisa che le opere scelte per Palazzo Bartolini Salimbeni sono tutte amate e collezionate nel tempo: «Sono quelle che hanno per me più significato, come il dipinto di Ottone Rosai del 1952 che ritrae mio padre e che ricordo dipingere quando avevo 12 anni, il “Paesaggio” di Morandi del 1942 o la tela di Picasso che segna l’apertura della mia collezione all’arte internazionale, o i lavori di Fontana, che hanno scandito le diverse inaugurazioni delle mie gallerie nel mondo. Opere che mai rivenderei, indipendentemente dalle oscillazioni del valore di mercato. Sono felice di essere arrivato fin qui».

Il cortile di Palazzo Bartolini Salimbeni a Firenze, sede della collezione Casamonti
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