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Un emendamento proposto nel disegno di legge di bilancio 2026 «rischia di riportare indietro le lancette di vent’anni». La lettera dell'Ana-Associazione Nazionale Archeologi
- Associazione Nazionale Archeologi
- 24 novembre 2025
- 00’minuti di lettura
Un’archeologa durante uno scavo
Courtesy Ana-Associazione Nazionale Archeologi
Allarme rosso per il futuro dell’archeologia preventiva in Italia
Un emendamento proposto nel disegno di legge di bilancio 2026 «rischia di riportare indietro le lancette di vent’anni». La lettera dell'Ana-Associazione Nazionale Archeologi
- Associazione Nazionale Archeologi
- 24 novembre 2025
- 00’minuti di lettura
Associazione Nazionale Archeologi
Leggi i suoi articoliRiceviamo dall’Associazione Nazionale Archeologi (Ana) e pubblichiamo:
L’Associazione Nazionale Archeologi (Ana) ha lanciato un appello urgente alla 5ª Commissione permanente del Senato, denunciando l’emendamento 108.0.11 inserito nel disegno di legge di bilancio 2026: una norma che, se approvata, rischia di azzerare decenni di conquiste nella tutela del patrimonio archeologico nazionale.
«Non è solo un passo indietro, è un salto nel vuoto», dichiara l’Ana nel documento presentato alla Commissione Programmazione economica e bilancio. L’emendamento limiterebbe drasticamente l’applicazione dell’archeologia preventiva alle sole opere pubbliche realizzate in aree già vincolate archeologicamente, ignorando l’esistenza di un patrimonio sommerso e sconosciuto che caratterizza l’intero territorio italiano.
Una scelta che contraddice apertamente la Convenzione Europea per la protezione del patrimonio archeologico, ratificata dall’Italia ed entrata in vigore nel 2015. «Ci troviamo di fronte a una norma che viola gli impegni internazionali assunti dal nostro Paese», sottolinea l’Associazione, esprimendo «viva preoccupazione e sconcerto» per una proposta che sembra ignorare la realtà del territorio nazionale.
Le conseguenze sarebbero devastanti non solo per il patrimonio culturale, ma anche per le casse pubbliche. L’archeologia preventiva è nata proprio per evitare i blocchi improvvisi dei cantieri e l’esplosione incontrollata dei costi quando emergono ritrovamenti fortuiti. «Riportare le lancette indietro di vent’anni significa aprire la strada a nuovi disastri economici e infrastrutturali», avverte l’ANA, ricordando le numerose opere pubbliche bloccate in passato da scoperte archeologiche impreviste.
L’Associazione chiede con fermezza il ritiro immediato dell’emendamento e propone un’alternativa: estendere invece la tutela ai lavori privati, in piena coerenza con la Convenzione Europea. «La tutela non è un freno: è intelligenza progettuale», recita il documento dell’Ana. «Solo attraverso una corretta pianificazione territoriale preventiva è possibile conciliare le necessità di sviluppo di comunità e territori con la salvaguardia della nostra memoria collettiva».
Un appello che arriva in un momento cruciale per il Paese, mentre si moltiplicano i progetti infrastrutturali legati al Pnrr e alle grandi opere. La scelta tra tutela e sviluppo, sostiene l’Ana, è un falso dilemma: «Un’archeologia preventiva correttamente e ampiamente applicata è l’unica garanzia per uno sviluppo infrastrutturale sostenibile che rispetti il patrimonio archeologico ancora sepolto sotto i nostri piedi».
Ora la palla passa alla Commissione Bilancio del Senato, chiamata a decidere se accogliere le richieste dell’Ana o procedere con un emendamento che rischia di trasformarsi in un boomerang economico e culturale per l’Italia.